Dormire aiuta a mantenere il cervello in
salute. Sempre che si tratti di sonno sano, naturale, senza l’aiuto esagerato
della chimica.
Lo
dicono i molti studi che da tempo indagano lo stretto legame tra la qualità del
riposo notturno e la protezione delle funzioni cognitive.
E lo dicono anche
quelle ricerche che dimostrano che chi dorme male ha un rischio superiore di
sviluppare demenze in tarda età.
Se non si raggiungono le circa sette ore di
sonno, possono comparire i primi segnali di un declino delle funzioni
cognitive. Si comincia con la memoria: piccole dimenticanze, parole che abbiamo
sulla punta della lingua ma che non si decidono a uscire, ricordi recenti che
si perdono nei meandri della mente.
Ma questo è il meno. Perché, come avvertono
i ricercatori dell’Università della California, una cronica carenza di riposo
notturno può anche aumentare il rischio di sviluppare forme più gravi di demenza,
fino ad arrivare alla malattia di Alzheimer.
PULIZIA, RIFIUTI E RICORDI
In assenza di una quantità adeguata di
riposo il cervello soffre, probabilmente perché non si generano quei meccanismi
di “pulizia” delle cellule cerebrali che consentono la loro ottimale funzione.
Senza il giusto riposo, nel cervello si accumulano rifiuti, che possono avere
effetti potenzialmente pericolosi nel tempo.
Durante il sonno la memoria si consolida,
ma il cervello non “dorme” in modo omogeneo, e alcune aree dormono più
intensamente di altre.
Il sonno, infatti, è più profondo in quelle
regioni che nel corso della giornata sono state più attive e che, dunque,
devono recuperare nel corso della notte.
Se per esempio durante le ore di veglia
ripetiamo a lungo un esercizio con le mani, nel corso della notte a riposare di
più saranno proprio quelle strutture cerebrali deputate al controllo del
movimento degli arti.
E proprio durante il sonno profondo avviene
quella rimodulazione sinaptica che consente ai ricordi di consolidarsi.
In
caso contrario, l’insufficiente o cattivo riposo altera le capacità mnemoniche.
Chi dorme meno di cinque ore per notte potrebbe, addirittura, crearsi falsi
ricordi, inserendo nella propria memoria eventi che non sono mai accaduti.
Un italiano su tre dorme poco e male.
La fase più delicata per le donne è
quella della menopausa e dopo i 65 anni. Negli uomini, invece, dopo un primo
picco del fenomeno in età giovanile, tra i 24 e i 34 anni, si produce negli
over 65.
Con l’avanzare dell’età generalmente si
assiste a una riduzione della percentuale di sonno profondo, quello che davvero
rilassa l’organismo, con un aumento della fase Rem, quella
in cui si sogna.
Per questo quando si hanno i capelli
bianchi ci si sveglia di più e si percepisce un sogno poco
riposante.
In
tutto si contano quattro milioni di insonni cronici in Italia e oltre 2,5
milioni di questi usano farmaci ipnotici da oltre un anno.
PILLOLE E PASTICCHE
Gli stessi studi, però, mettono anche in
guardia coloro che, per dormire bene, ricorrono spesso e troppo a lungo alle
scorciatoie farmacologiche, rischiando così di ottenere l’effetto opposto:
anziché proteggere il cervello, si spiana la strada a malattie gravi come
l’Alzheimer.
Un uso eccessivo o prolungato di benzodiazepine, i farmaci comunemente
usati proprio per contrastare l’insonnia, può aumentare (fino al 51% in più) il
rischio di sviluppare il morbo.
Gli specialisti non demonizzano le
benzodiazepine, che hanno un loro ruolo importante soprattutto nei casi di
insonnia grave, ma sottolineano che questi medicinali hanno tra i loro effetti
collaterali proprio la riduzione del sonno profondo, cioè quello più importante
ai fini della “ricarica” del cervello.
La
pillola per dormire è spesso un rimedio “fai da te”, che sfugge al controllo medico
e si protrae per tempi eccessivi. Anche perché a scegliere la chimica
per assicurarsi un buon riposo sono in tanti: ogni giorno ansiolitici,
ipnotici, sedativi e antidepressivi, usati per favorire il sonno, sono la
scelta di quasi 40 italiani su mille. Tutto questo impasticcarsi costa, tra
l’altro, centinaia di milioni di euro l’anno.
DEMENZE E DIPENDENZE
La
demenza è uno dei maggiori problemi di salute pubblica e riguarda, nel mondo,
36 milioni di persone. Si stima che, con l’invecchiamento della popolazione, il
numero delle persone affette da demenza raddoppierà ogni venti anni, con
aumento dei costi sociali e della sofferenza che la demenza produce, nei
pazienti e nei loro familiari.
L’aumento, scientificamente documentato,
del rischio degli psicofarmaci di indurre dipendenza e favorire forme di
demenza indica chiaramente che bisogna limitarne le prescrizioni e l’uso, in
particolare negli anziani.
Per inciso, è utile ricordare anche che, nelle persone anziane, tutti i farmaci sedativi aumentano anche il rischio di cadute accidentali e di fratture.
Per inciso, è utile ricordare anche che, nelle persone anziane, tutti i farmaci sedativi aumentano anche il rischio di cadute accidentali e di fratture.
Sono
utili, ma da usare pesando sempre, in tutti i pazienti, rischi e benefici.
In ogni caso si raccomanda di non usare benzodiazepine per più di tre mesi e, se prescritte per l’insonnia, evitare la loro assunzione per più di tre giorni a settimana.
In ogni caso si raccomanda di non usare benzodiazepine per più di tre mesi e, se prescritte per l’insonnia, evitare la loro assunzione per più di tre giorni a settimana.
La loro sospensione deve essere, in tutti i casi,
graduale.
INSONNIA, COSA FARE?
Per combattere l’insonnia, bisognerebbe
mettere in atto alcune norme comportamentali:
- andare a letto ai primi segni di stanchezza
e possibilmente sempre alla stessa ora;
- evitare di assumere bevande eccitanti
come il tè o il caffè nel tardo pomeriggio;
- evitare di guardare tv e tablet a letto,
prima di dormire;
- non fare la siesta dopo pranzo;
- evitare di praticare un’attività sportiva
intensa la sera e attività intellettuali impegnative subito prima di dormire;
- non dormire in stanze troppo calde o
troppo fredde.
Infine,
se non si riesce ad addormentarsi o ci si sveglia durante la notte, conviene
alzarsi dal letto e tornarci quando si sente di avere di nuovo sonno.
Insomma,
se non dormi ti ammali, ma se ti impasticchi fai peggio.
(Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento