Dolore, stupore, incredulità, ribrezzo di
fronte all’efferatezza di un massacro indefinibile.
“Un papà così affettuoso… proprio in questi
giorni mi ha detto che stava montando la piscina in giardino per i suoi bambini”.
”Una famiglia così unita e felice, sentivamo la bambina cantare tutto il giorno
e quando un bimbo canta vuol dire che è sereno e felice.” “Quando non
lavoravano, sia la mamma che il papà trascorrevano tutto il loro tempo con i bambini,
li vedevamo uscire con le biciclette.”
Raccontano così i vicini di casa che
conoscevano la famiglia “modello” di quella villetta della tragedia a Motta
Visconti, tra Milano e Pavia.
Quante volte abbiamo sentito queste
testimonianze, quante incomprensibili carneficine si ripetono nel tempo, quanta
ferocia puntualmente si rinnova?
Anche
in questa casa dell'orrore la consueta scena raccapricciante: sangue
ovunque, il corpo della bambina nella sua cameretta, del piccolo nel letto
matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati. Tutti sgozzati come
bestie nei macelli di una volta.
E dopo, come se nulla fosse, il papà
assassino “ma così affettuoso” fa la doccia e va al pub a vedere la partita
dell’Italia, con gli amici!
Ammazzare
una bambina di cinque anni che dorme in culla e un piccolo di nemmeno due, con
lucidità e brutalità, è qualcosa di mostruoso, di spaventoso, di agghiacciante,
di disumano. E’ oltre qualsiasi categoria e ogni possibile, perversa immaginazione.
Follia? A sentire il resoconto degli
inquirenti qui si tratta di un triplice omicidio molto razionale che nulla ha a
che fare con la follia umana. Certo, per la nostra coscienza, è comodo ignorare
tanti aspetti di difficile interpretazione e archiviare tutto come il gesto di
un pazzo. E fare finta di niente, fino alla prossima barbarie.
E’ rassicurante! Ma, purtroppo non è così!
Nel leggere vari articoli e commenti, ho
scoperto, con non poca meraviglia, che molti lettori – forse assuefatti a
questo genere di fatti che diventano notizia di cronaca – si lasciano andare,
spesso e volentieri, a criticare il titolo, il tono, la misura o l’enfasi del
pezzo, fregandosene del senso e del contenuto della tragedia che si descrive e
si racconta. Come se l’articolista raccontasse di politica, di moda, di cucina
o di pallone.
Tutti perfetti opinionisti di virgole e
parole, senza pathos, negli improvvisati forum dell’indifferenza e del cinismo.
E’ sconcertante!
C'è qualcosa di terribilmente marcio in
questo nostro modello di società.
O lo
strano sono io che ancora mi coinvolgo e mi commuovo.
16 giugno 2014 (Alfredo Laurano)
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