Tra un mese sarà Natale. Almeno, secondo il calendario e nella testa dei tanti che vorrebbero osservarlo e rispettare la tradizione.
Sarà, tuttavia, profondamente diverso, anomalo, inconsueto: mancherà la gioia, la felicità, la serenità, la possibilità di abbracciarsi, come sarebbe semplicemente naturale. Il maledetto virus è sempre lì, nelle strade, nelle piazze, tra la folla che si accalca nei negozi e tra le bancarelle.
Ma come si fa a rinunciare al cenone, allo shopping, ai regali, alle ostriche, al caviale e lo champagne? Al Black Friday e ai saldi prematuri, per comprare con lo sconto, o al soggiorno sulla neve, tra i monti della bella Italia?
Con 700 morti al giorno è completamente fuori luogo parlare di feste, cenoni e settimane bianche. Molti italiani non ci saranno più da qui a Natale. Non perdiamo il senso di comunità. La domanda è: ne abbiamo ancora uno?
Il ministro Boccia non ci ha girato intorno: “la situazione questa è, piaccia o non piaccia. Non perdiamoci dunque in polemiche fuori luogo e tiriamo avanti, che tutta questa roba, se ci impegneremo tutti, ce la lasceremo presto alle spalle come un brutto incubo”.
È ancora tutto molto incerto per dire cosa accadrà dopo il 3 dicembre viste le pressioni sul governo riguardo alla riapertura delle piste da sci e ristoranti: "Valuteremo nel prossimo Dpcm se ci saranno le condizioni e per fare cosa", aggiunge il ministro per gli Affari. Che invita gli italiani a resistere, a rispettare le regole e a fare ancora sacrifici per il bene di tutti.
Non ha dubbi però su un punto: meglio evitare lo spostamento tra regioni per Natale, come quelli estivi, altrimenti si ripete Ferragosto, con gli assembramenti e le discoteche aperte.
Dolore e sacrifici, dunque, perché “il maledetto” non conosce feste, brindisi e cotillon. Né botti e fuochi d’artificio per cacciare un anno devastante che ha spento l’entusiasmo e l’allegria e che, ad oggi, ha ucciso già oltre cinquantamila italiani e un milione e quattrocentomila persone nel mondo.
24 novembre 2020 (Alfredo Laurano)
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