È singolare che le proteste siano cominciate quasi prima di conoscere il testo e le norme del dpcm: limiti, restrizioni, chiusure, ma anche misure di sostegno economico per le categorie più colpite. Quasi prima della sua decorrenza.
Come se fosse tutto già scritto e preparato.
Mille ricoveri in più al giorno. Il Covid, che, secondo l'infettivologo dell'ospedale di Cremona è più contagioso di prima, occupa ancora e di nuovo gli ospedali. Pesantemente.
Interi reparti requisiti per l’aumento dei malati, bloccando la cura delle altre patologie.
Lombardia, Lazio e Campania hanno già superato il picco della prima ondata. Le Regioni sono a caccia di nuove strutture. L’allarme dei primari: “Se non invertiamo subito la rotta tra due settimane rischiamo il collasso”.
Ciò nonostante - insieme a comuni cittadini preoccupati e in buona fede, che vedono vacillare le proprie attività e la propria sopravvivenza economica e di lavoro - ultras, camorristi, infiltrati, neofascisti e delinquenti vari, speculano sulla paura e la disperazione. Soffiano sul fuoco della sfiducia, dello sconforto, della rabbia, dell’emotività incontrollata. Alimentano le scintille della psicosi collettiva.
Da negazionisti del virus a guerriglieri metropolitani è stato un attimo. Un salto nella piazza della protesta, diventata, in quattro, cinque mesi, un ammasso di violenza pura, pronto a replicarsi per protagonismo ed emulazione.
Quando la gente non cantava più dai balconi e non scriveva più “andrà tutto bene”, sono arrivate le mascherine patriottiche tricolori, i gilet arancioni, i neri per caso o per nostalgia, i qualunquisti, gli oppositori e i complottisti, d’ogni infame razza e colore, che invitavano il popolo depresso a ribellarsi e a scendere in strada, contro la feroce dittatura sanitaria.
Sono arrivati i petardi, i fumogeni, le bombe carta, le bottiglie, le pietre, i cassonetti incendiati, i negozi saccheggiati, le aggressioni a inviati, a polizia e carabinieri: da Napoli a Catania, da Roma a Milano, da Bari a Torino.
Il fuoco delle piazze accende il buio della prime serate di parziale lockdown d’Italia, mentre l'Europa si prepara al peggio, con Francia, Spagna e Germania a valutare i dati sempre più alti del contagio.
E mentre Palazzo Chigi si chiede se basteranno le misure messe appena in campo per frenare il virus, resta il timore che i numeri dei prossimi giorni - come prevedono al ministero della Salute - costringano alcuni territori a valutare eventuali zone rosse e a varare misure ancora più drastiche.
Meno il Pierino rompicoglioni fiorentino, Matteo Renzi, che, pur alleato di governo, critica e contesta le misure adottate, come fosse all’opposizione, sventola la bandiera del malessere sociale, per qualche ridicola percentuale di consenso nei sondaggi.
Come fa Salvini, in piazza con i commercianti a Montecitorio, che promette sostegno e rilancia l'idea di un Comitato tecnico scientifico alternativo a quello del governo, di cui non si fida. E annuncia che i sindaci della Lega faranno ricorso al Tar contro il dpcm, convinti di poter fermare le nuove restrizioni e che ci sia bisogno d'altro. Di che, non è dato sapere.
Davanti alle piazze infiammate dal rancore e dalla delinquenza, davanti al Paese che non ha ben capito la ragione delle restrizioni, il presidente della Repubblica Mattarella rinnova l'appello all'unità: "È tempo di collaborazione e di alleanze globali, non di barriere e di egoismi. Il vero nemico di tutti e di ciascuno è il virus, responsabile di lutti, di sofferenze, di rinunce e sacrifici”.
Molti non lo capiscono o lo hanno dimenticato.
Siamo ancora in pandemia e in emergenza: se non si protegge la salute, non si salva nemmeno l’economia.
27 ottobre 2020 (Alfredo Laurano)
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