venerdì 9 ottobre 2020

MENO MALE CHE C’E’ SPERANZA

Nonostante la sua giovane età e la sua inesperienza, Roberto Speranza si è rivelato via via, un capace, serio e responsabile ministro della Salute. E non solo per aver abolito, un mese fa, il pesante superticket sulle ricette del Servizio Sanitario.
Per sua sfortuna, che poi è diventata merito e opportunità, lo è diventato in un momento estremamente difficile e drammatico, al tempo del Coronavirus, nel bel mezzo di una pandemia, di un’emergenza sanitaria improvvisa, inaspettata e difficile da gestire. Senza precedenti, senza riferimenti, senza poter consultare archivi storici, ma solo con l’ausilio delle risorse tecnico-scientifiche che lo hanno supportato. 
Pur tra incertezze, dubbi, timori, qualche errore di valutazione e qualche contraddizione, hanno portato insieme il Paese a contenere la tragedia che per primi ci ha coinvolto e che, senza le misure prese con fermezza, avrebbe potuto contare numeri ben più pesanti. 
Ce lo riconosce tutto il mondo che ha affrontato quella spaventosa realtà dopo di noi, con colpevole ritardo e non sempre con sufficiente attenzione e determinazione. Vedi Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania, Stati Uniti, Brasile e altri ancora. 

Ma la battaglia non è affatto conclusa, afferma Speranza. “Dobbiamo essere ancora uniti per vincere la sfida al Covid. Ora siamo in una fase di ricrescita dell'epidemia e dobbiamo ricostruire lo spirito unitario che ci ha guidato nei mesi più difficili.
Sono contrario alle proposte di aprire gli stadi a migliaia di persone perché questo esporrebbe a un rischio vero, pur sapendo che si tratta di un pezzo di economia del Paese e che intorno al calcio ci sono interessi e tante persone che vanno rispettate. Se dobbiamo correre un rischio, dobbiamo correrlo per riaprire e organizzare le scuole, non per portare la gente allo stadio. Non ce lo possiamo permettere. Sono della linea della prudenza, che non significa non fare le cose, ma farle passo dopo passo. La linea della prudenza ci ha portato a una situazione che è migliore di altri Paesi".

In realtà, si parla troppo di pallone, in questo momento. Le cose importanti, sono altre: il lavoro degli ospedali, il lavoro perso, le chiusure di esercizi commerciali, la crisi del turismo e l'attenzione alle nostre scuole, che sono un punto fondamentale di ripartenza del Paese. 
Un po' meno calcio e un po' più scuola, è possibile. La priorità deve essere altra. La priorità è la salute delle persone.
In attesa di conoscere eventuali nuove misure nei prossimi DPCM (mascherine obbligatorie anche all’aperto, nuovi orari dei locali pubblici, limitazioni delle persone nei raduni, feste e manifestazioni vari), il Viminale ha autorizzato i prefetti a utilizzare anche personale militare - già adibito per scopi civili alla missione Strade Sicure e Sicurezza - per controllare la movida, gli assembramenti e l’osservanza delle regole. 
Una decisione che, come sempre, ha sollevato le puntuali, strumentali polemiche su una presunta minaccia alla democrazia dei soliti soloni complottisti e negazionisti che - nonostante la presunta “dittatura economico-sanitaria - girano ancora liberi, straparlano di microchip sotto pelle, di “potenti che vogliono eliminare il 70% della popolazione con i vaccini e i farmaci”, di intubazioni nelle terapie intensive, scelte di proposito per uccidere e non per salvare vite. Continuano a pontificare, a farneticare, si organizzano, spargono veleno e idiozie nelle piazze, sui social e nel Web. 

Proprio ieri, sui social, ho avuto una intera giornata di scontri d’opinione con una folta banda di invasati - non potete immaginare gli insulti e le derisioni che mi hanno rivolto - che, in un assurdo post, predicavano la ribellione alla falsa epidemia, agli obblighi delle mascherine museruola, alle misure di sicurezza: sciacalli, spazzatura umana, errori dell’evoluzione. Ripeto ancora: dovrebbero essere denunciati, silenziati e carcerati per attentato alla salute pubblica.

A proposito dei falsi e sedicenti libertari da manicomio, che inquinano e disorientano l’opinione pubblica, “è stata proprio la democrazia a permettere di piegare la curva dell'epidemia in Italia nella fase più difficile - ha ricordato il ministro - e la sfida di fondo è puntare sulla persuasione e la consapevolezza". 
Ma su questo, mi sembra un po’ troppo ottimista. 
Nutre troppa speranza nella correttezza umana e collettiva, forse in ossequio al suo pur nobile e virtuosissimo cognome. 
5 ottobre 2020 (Alfredo Laurano)

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