Secondo Libero e il solito Vittorio Feltri, suo direttore e
fondatore, la festa della Liberazione sarebbe ridotta ormai a sagra paesana, a
rito stanco e pregno di bolsa retorica.
“Smettiamola
di fingerci migliori di quanto siamo. Nel contempo non dimentichiamo di
ringraziare i suddetti angloamericani che dopo aver tolto dai piedi le camicie
nere ci hanno aiutato a ricostruire decentemente la patria. I cortei e i comizi
in piazza dedicati al 25 aprile sono una sceneggiata vuota di qualsiasi
significato storico”.
Il 25 aprile, tuttavia e comunque la si pensi, vive e sopravvive,
come giorno della memoria: per non dimenticare, per festeggiare la fine
dell’occupazione tedesca in Italia, del regime fascista, della seconda guerra
mondiale e la vittoria delle forze che hanno partecipato alla Resistenza. Anche
in assenza dei partiti che quella lotta animarono, e che oggi non ci sono più,
e in presenza dei pochissimi partigiani ancora in vita. Anche se la Sinistra è in
profonda crisi, anche se il ruolo della Resistenza nella vita pubblica italiana
è sempre più marginale, desueto o superato.
La fine del PCI, inoltre, ha consegnato da tempo quel pezzo
di storia ai nostalgici fuori tempo massimo, ai cultori di un passato riscritto
e propagandato a uso della propria stessa demenza, a nuovi avanguardisti fai da
te e ai tradizionali nemici della causa antifascista.
Esiste oggi e si diffonde, pericolosamente, una nuova generazione
politica ispirata all’arditismo, al futurismo, allo squadrismo: fascistelli del
terzo millennio, adolescenti indottrinati, razzisti e finti eroi, affascinati
da simboli scaduti, miti anacronistici e riti eccitanti e seducenti.
“Abbiamo davanti praterie da riconquistare di fronte a una
società atomizzata”, dicono spavaldi.
Il 25 Aprile aiuta a non sottovalutare mai un pericolo sempre
possibile e incombente: un fenomeno nazionalista e rivoluzionario, antiliberale
e antimarxista, imperialista e razzista che si chiama fascismo, nei suoi
diversi abiti, nei suoi diversi travestimenti, nelle sue diverse proposizioni
storiche e temporali.
Secondo la definizione che ne dà nel suo saggio, Emilio
Gentile, è stato il primo esperimento totalitario attuato in Europa da un
partito milizia, proteso ad annientare i diritti dell'uomo e del cittadino, con
una concezione totalitaria della politica e dello stato, con una ideologia a
fondamento mitico, virilistica e antiedonistica, sacralizzata come religione
laica. Ha affermato il primato assoluto della nazione, intesa come comunità etnicamente
omogenea, gerarchicamente organizzata in uno stato corporativo, con una
vocazione bellicosa alla politica di grandezza, di potenza e di conquista, mirante
alla creazione di un nuovo ordine e di una nuova civiltà.
E tutto questo, nonostante l’indifferenza di molti e il
cinico menefreghismo di buona parte della classe politica attuale, non si può
ignorare, cancellare e perdonare.
25 aprile 2019 (Alfredo Laurano)
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