C’è
di che discutere, polemizzare e giudicare. C’è chi approva e si emoziona, c’è
chi critica e condanna.
Papa
Francesco rompe il protocollo, come non era mai successo prima a un pontefice: in
ginocchio e malfermo, bacia i piedi ai leader delle varie fazioni del Sud Sudan
che dovranno garantire la fase di transizione del nuovo governo che proverà a
portare il Paese fuori da un conflitto civile, tra le varie etnie, che sta
causando morte e distruzione.
E
non era certo previsto nel testo del suo accorato appello: "Vi chiedo come fratello: rimanete nella pace, andate avanti, ci
saranno problemi, ma occorre andare avanti. Voi avete avviato un processo: che
finisca bene. Le liti risolvetele negli uffici, non davanti al vostro popolo, così,
da semplici cittadini, diventerete padri di Nazione”.
Quanto
ha fatto Francesco è un segno di grande cristianità, di grande amore per l’umanità
tutta e in particolare per quel popolo che, da tempo, subisce miserie,
sofferenze e dolori. Un comportamento che nello stesso tempo irrita e commuove:
disteso a terra, prostrato davanti all'altare della difficile, civile
convivenza.
Ma
perché umiliarsi in questo modo, perché venerare questi nuovi potenti? Per mettere
sulle loro spalle una responsabilità di cui dovranno farsi carico? Per dare una
grande lezione a tutti coloro che salgono su piedistalli, senza averne né
autorità, né autorevolezza?
Molti
i commenti e le reazioni a questo ennesimo atto di rivisitato francescanesimo, per
implorare la pace: spiazzante, storico, audace, vistoso, eclatante.
Per
alcuni, un gesto simbolico e rivoluzionario che ha lo scopo di far riflettere i
governanti su quale sia la giusta posizione da assumere nei confronti dei loro
rispettivi popoli, al servizio di essi e non al di sopra di essi. Per altri,
eccessivo, scandaloso, esagerato e quasi comico: una sorta di patetica
sceneggiata, all’ombra del Cupolone. Inqualificabile il livello a cui scende
questo papa, veramente imbarazzante
Mettendo
insieme molti episodi degli ultimi anni, potrebbero esservi questioni di
rilevanza medica alla base di queste peculiari condotte: cioè, in parole
povere, non ci starebbe con la testa.
C’è
poi chi parla di azione di pessimo marketing. Di segno di debolezza. Di
pagliacciata senza senso (pochi giorni fa aveva rifiutato che altri suoi
fedeli, che gli baciassero la mano). Di uno dei papi più politicanti della storia
della Chiesa cattolica.
Dietro
i suoi imprevedibili gesti di apparente umiltà ci sarebbe una tattica di
penetrazione coloniale nei paesi poveri. In questo modo verrebbero
giustificati anche i picciotti che baciano la mano ai capimafia.
Per
altri ancora, ha avuto il coraggio di fare quello che i suoi predecessori hanno
fatto solo a parole. Coraggio? Si - risponde qualcuno - se ci si riferisce a
gesti teatrale e clamorosi, funzionali solo a far parlare di sé e mirati a
mandare avanti il baraccone bimillenario, come, in un modo o nell'altro, hanno
sempre fatto i papi, trovando l'occasione più opportuna per restare protagonisti
degli eventi.
Ad
altri, ha ricordato l'appassionato baciamano di Berlusconi a Gheddafi, che, con
atea devozione, prima di lasciarla, quella sua mano, se la portò sul cuore.
Comunque
la pensiamo, anche sfidando gli acciacchi e il colpo della strega, a questo
Papa piacciono i gesti mirabolanti, spettacolari e sbalorditivi, anche se
spontanei e in buona fede: creano stupore e attenzione, determinano effetti
speciali, pur di raggiungere uno scopo di pace e carità.
E’ la sua forma di
comunicazione, la sua politica evangelica, reinterpretata e adeguata alla
contemporaneità.
15 aprile 2019 (Alfredo
Laurano)
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