Sul web e sui giornali, c’è un dilagare di
commenti chiaramente razzisti e provocatori alla tragedia di Lampedusa, che
sono a metà strada tra le banali chiacchiere da bar e la più profonda
ignoranza, esibita pubblicamente e senza vergogna alcuna, in luogo delle idee e
di argomentazioni.
A leggere i volgari e ripetitivi luoghi
comuni di questi illustri scribacchini da tastiera, viene lo sconforto, la
nausea e una profonda tristezza.
Scrivono parole spregevoli, bozze di
ragionamento elementare e malriusciti “tentativi” di pensiero che mettono in
luce il peggio che l’uomo, o meglio questi rozzi individui, possano esprimere e
rappresentare nella loro primitività preculturale.
Il tutto farcito di orrori grammaticali che
confermano la sempre più diffusa tesi che i razzisti sono tutti ignoranti.
Sono costretto a riportare una serie di
vocaboli dal suffisso in “ismo” che ne indicano il carattere, la condizione e
l’atteggiamento: l’egoismo, il cinismo, l’individualismo, il qualunquismo, il
menefreghismo. E l’indifferenza di fronte alla tragedia.
Qualche breve esempio per dare il senso di
questi fulgidi pensieri:
“Perchè non se stanno a casa loro…perché
non li ospitate voi buonisti….dobbiamo spendere per la loro sanità e
l’assistenza….non c’è lavoro per noi, ma per loro si….hanno i sussidi e le
agevolazioni….adottate i clandestini”….e altre deliranti affermazioni come
queste.
Pietà, umanità e carità, per costoro, sono
solo suoni gutturali, senza valore e senza significato. Roba da ipocriti
buonisti e da neo-papa Francesco, che parla di globalizzazione
dell’indifferenza e condanna apertamente la discriminazione e la guerra, fatta
per vendere armi, e che determina i drammatici viaggi della speranza.
In analogia a quelle tante e sciocche
domande retoriche che siamo costretti a leggere, propongo io di adottare un
razzista: per aiutarlo, per non emarginarlo più, per farlo studiare e per
lentamente rieducarlo al genere umano, sottraendolo allo stato di selvaticità.
E per salvarlo, soprattutto, dall’
horror vacui della sua mente.
Intanto, mentre riflettiamo su tanta
bassezza, quel mare è pieno di corpi.
E di piccole scarpe e merendine che
galleggiano.
4 ottobre 2013 (Alfredo Laurano)
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