Si combatte il male tra psicosi e speculazioni politiche ed
economiche, tra errori ed omissioni, tra impreparazione e tempistiche
sbagliate, tra sciacalli e benefattori, tra egoisti e altruisti. Come,
peraltro, accade in tutto il mondo, dove tutti sono smarriti e terrorizzati
dalla pandemia che nella disgrazia unisce.
Tante facce dell’umanità, e delle sue connesse
contraddizioni, che ci sono sempre state e sempre ci saranno.
Da una parte, come sempre, quelli che approfittano delle
emergenze e dello stato di debolezza e di bisogno di una collettività provata,
depressa e sbigottita: che aumentano i prezzi dei prodotti alimentari nei
mercati e nei supermercati; dei saponi e dei gel igienizzanti, anche on line;
che rapinano le farmacie; che truffano con le mascherine vendute on line e mai
recapitate; che vendono test diagnostici per l’individuazione del Covid-19, in
laboratori privati a prezzi stellari (dai 9 di base, fino a 150 euro); che
sabotano il nuovo laboratorio per i tamponi del San Camillo a Roma, o attaccano
(hacker) il sito Inps per diffondere ulteriore panico fra la gente. Come i
tanti spacciatori di fake che, godendo del proprio sadismo, appartengono alla
stessa razza bastarda.
Poi, c’è l’altra Italia. L’altra faccia dell’umanità,
quella che si dà da fare per gli altri. Che si spende per gli altri.
Pensiamo ai medici e ai paramedici che in questi giorni si
prodigano per curare e assistere i malati, pur rischiando il contagio e la
propria vita; ai ricercatori che si affannano a studiare per arrivare a un
possibile un vaccino.
Ai sei fratelli medici di Torino, tutti in trincea negli
ospedali. Agli alpini che a Bergamo hanno costruito un ospedale in
dieci giorni.
Pensiamo ai tanti volontari che si adoperano per chi è
anziano e solo e per chi ha bisogno.
Ai tanti che lasciano buste e pacchi alimentari fuori del
proprio negozio o la pasta già pagata, come il caffè sospeso.
A chi scrive: "Chi
può metta, chi non può prenda", sopra cesti e cassette di beni di prima
necessità.
A chi prepara pasti nella sua cucina, in vaschette sigillate da
distribuire ai poveri, ai migranti e ai senza fissa dimora che vivono in
strada.
Sono azioni, gesti, scelte e attività “sospese" che
stanno fiorendo in ogni angolo del nostro Bel Paese. E' l'Italia solidale,
quella che agisce, quella che si prodiga, quella che ci piace.
E mentre si cerca di aiutare chi sta peggio, di tenere le
persone a casa, di osservare le misure di igiene, di distanziamento e
isolamento e si stringono all’estremo i controlli sulla vita sociale, il fantasmagorico
mondo del calcio continua a stupire per la sua assurda incongruenza: progetta
allenamenti e prepara il grande ritorno in campo.
E’ così irresponsabile e privo di coscienza sociale, in un
momento così grave, che guarda esclusivamente ai propri interessi di bottega,
al punto di pensare e proporre di riprendere a giocare campionati e coppe.
Ma per fortuna, il governo, ha capito che il calcio vive in
una dimensione irreale, economicamente gonfiata, e non può avere una corsia
preferenziale.
E dice no. Devi stare fermo e chiuso in casa, come tutti,
come il resto del mondo.
Anche perché non possiamo e non dobbiamo dimenticare che il
calcio ha giocato fino all’ultimo istante e ha contribuito non poco alla
diffusione del virus, quando colonne di tifosi-untori, a migliaia, sono andati
in giro per l’Italia e per l’Europa a epidemia ormai conclamata.
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