C’era una volta Roma.
Una Roma magica e preziosa, culla d’arte e di
cultura, raccontata da cinema, poesia e letteratura in mille e più modi, nel
suo splendore e nelle sue meraviglie, nei suoi miti e nei colori, nelle sue
contraddizioni e nei suoi infiniti aspetti e sfumature. Col suo fascino che
incanta, che cattura e non lascia indifferenti, fino al turbamento da sindrome
di Stendhal. Tutti l’hanno sempre amata e contemplata, dal più grande artista o
narratore, all’ultimo turista di passaggio: la Roma storica e imperiale, quella
medioevale, quella barocca e rinascimentale, quella romantica e papalina,
quella fiera e popolare, quella bellica, ferita dalla guerra, ma reattiva,
quella verace dei quartieri e delle periferie, della ricostruzione e del
neorealismo. Quella dei caffè storici e dei salotti dell’aristocrazia nera, dei
nobili decaduti, dei gaudenti cardinali, degli scandali borghesi e della “dolce
vita”, fino alla “grande bellezza” che il mondo le invidia ma, anche, fino alla
sconcertante realtà di “mafia capitale”.
E poi, c’è l’altra Roma.
Quella di Suburra, il film di Stefano
Sollima, che scava, infatti, impietosamente, proprio nella vita degradata della
Roma di Mafia Capitale, dove il potere della Chiesa, dello Stato e della malavita
si incrociano con vizi privati e giochi di Palazzo, con trame oscure di normale
corruzione, con individui moralmente riprovevoli, con tangenti a gogò, ricatti
e speculazioni di bande criminali e clan di zingari arricchiti - che rimandano
agli Spada e ai Casamonica - per la conquista e il controllo del territorio.
Proprio come avveniva, in piccolo,
nell'antica Suburra romana, quartiere-ghetto ai piedi del Palatino, dove
c'erano bordelli e taverne: un punto di incontro tra nobili senatori e gente di
malaffare. Dove mondi distanti e apparentemente inconciliabili tra loro
entravano in stretto contatto.
Un sistema mafioso di pesi e contrappesi, esattamente come quello scoperto di
recente di Buzzi e Carminati - che a giorni, sarà oggetto di rilevante processo
penale - guidato e manovrato da una criminalità organizzata, cresciuta e ben
nutrita all’interno di un apparato politico perverso e degenerato.
In un mosaico di policromi tasselli di
contemporaneità e con un riferimento storico- temporale ben preciso, il film, basato
sul profetico romanzo omonimo di De Cataldo e Bonini - che anticipa e denuncia
collusioni e connivenze oggi a tutti note - si svolge in una settimana, dal 5
al 12 novembre 2011, giorno della caduta del governo Berlusconi (l’Apocalisse),
in uno scenario in gran parte sovrapponibile alla famosa teoria dei "tre
mondi" di Carminati:
il "mondo di sotto", fetente e sanguinario;
il "di sopra", dei politici arraffoni, dei ricchi, dei prelati, degli
imprenditori pirati; e il "di mezzo", dove un potere senza scrupoli
governa il traffico dei soldi e ricatta il "di sopra" utilizzando il
"di sotto.
In quei sette giorni, i destini di vari e
veri personaggi, convergono tutti verso “l’Apocalisse”.
Una prostituta minorenne morta in un festino
di sesso e droga con un cinico politico, una grossa speculazione a Ostia/Las
Vegas, una legge in Parlamento che la deve consentire, lo scontro di famiglie
ed esponenti della malavita per il dominio della città e un Papa Ratzinger che,
forse stanco e sconvolto, sta maturando le sue dimissioni.
Tutto questo si compie, tra atrocità e
ammazzamenti, in una spietata spirale di minacce, interessi e vendette
trasversali, su un freddo e grigio litorale e in una Roma notturna, sporca e
corrotta, cupa e sempre piovosa.
E quella pioggia, tema ricorrente e
protagonista morale del film, non cessa mai.
Copiosa e violenta si infiltra ovunque e
dappertutto, fino a far cedere le fondamenta stesse della città e delle
istituzioni: politica, mafia e Vaticano uniti dall’arroganza della forza, dai
privilegi e dal malcostume che impregna tutto e tutti, come l'acqua
piovana che infradicia i vestiti.
E’ la metafora di un’escalation di violenza
che non concede tregue o spiragli di salvezza, che tutto bagna e contamina,
mischiandosi al sangue e alla brutalità, in una lunga notte senza fine.
Grandi uomini di potere e piccoli, vecchi o nuovi
emergenti criminali: il politico corrotto e depravato (Favino), Samurai
(Amendola), il vero re di Roma…” tu sei
robba mia…noi possiamo comprare chiunque”, il rampante Numero 8 (Borghi), il
traffichino mediatore (Germano), il troglodita capo zingaro col ferocissimo
cane nella gabbia, la escort, la tossica, personaggi tutti destinati ad
incrociarsi nel legame che esiste da sempre fra criminalità e potere politico-economico:
l’antica Suburra romana, rivisitata e attualizzata.
Eccellenti il cast, le varie ambientazioni -
sontuose ed eleganti o misere o pacchiane, come la super villa degli Anacleti,
e le ineccepibili interpretazioni.
Tutti gli attori si muovono coralmente e con
naturalezza in questo thriller metropolitano che, scritto e girato prima dei
noti fatti agli onori delle cronache, anticipa il marciume di Mafia Capitale, secondo
i prodromi dell’imminente nubifragio, per restare nell’allegoria di quella pioggia,
che tutto inquina e allaga la città.
Le sequenze sono brillantemente fotografate e
proposte in maniera estremamente dura e realistica, in una tensione narrativa e
con un ritmo incalzante e coinvolgente, senza un attimo di respiro. Regia impeccabile,
campi lunghi per esprimere distanza e inquadrature sempre giuste, coerenti e
calibrate.
Schifo, disgusto e paura sono le prime e più
intense sensazioni che, dall’inizio fino ai titoli di coda, turbano lo
spettatore che non vede l’ora di uscire da quell’ insopportabile incubo - come
fosse, o come si augura che sia, drammaticamente finto ed immaginario - e di
alzarsi dalla poltrona per tornare a vivere un clima di normalità e di
quotidianità, fatto di cose semplici e abitudinarie.
Ma è difficile ignorare quella realtà,
circostanziata e spaventosa, che Suburra dipinge con assoluta fedeltà.
Anche se volgare, avulsa, traumatica e
impopolare, ci tocca da vicino: è il mondo che oggi ci circonda, che ci ripugna
e ci spaventa.
Forse è la catastrofe annunciata dei valori e
dei sentimenti umani, il vero tempo dell’apocalisse.
21 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)
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