In questo ridicolo Paese, con la scusa di
combattere “corporativismi e conservatorismi” che impedirebbero l’avvio di
politiche nuove e coraggiose per la crescita e l’occupazione, si pretende di
riformare il mercato del lavoro intervenendo, prepotentemente, come prima cosa,
sui diritti dei lavoratori.
Se qualcuno non
è d’accordo con il governo Renzi, Alfano, Berlusconi e relativo Patto del
Nazareno - come la sinistra Pd, Sel e la Cgil che hanno provato a dire che sui
licenziamenti senza garanzie non erano d’accordo - è un disfattista, un gufo,
un rematore contro. E parte l’anatema.
Con tanto di videomessaggio alla nazione, l’arrogante
puffo Renzi si è scagliato contro la “vecchia guardia che vuole lo scontro
ideologico”.
Il famigerato
articolo 18 è da sempre senza pace e senza dignità normativa, anche dopo la
grandiosa manifestazione popolare di dodici anni fa, quando la Cgil radunò al
Circo Massimo oltre un milione di persone per protestare contro la riforma del
lavoro dell’allora governo Berlusconi.
Cambiano i governi, i ministri e i leader
sindacali, ma al centro del dibattito resta ferma l’ossessione per l’articolo
18. Oggi, come allora, come sempre.
Già un mese e mezzo fa, l’Angelino del
Viminale aveva affermato di voler liberare da ogni laccio l’imprenditore che
volesse assumere qualcuno.
“La solita fissa ideologica - avevo
osservato e scritto in quel momento - tanto cara alla destra liberista, pur di
eludere i veri nodi del mercato del lavoro. L’abolizione, non la chiedono più
neanche le imprese! Forse dovremmo ricordargli che non serve abbattere quel “totem”,
visto che le aziende assumono con contratti a termine e false partite Iva.”
Lo ripeto: sono ben altre le ragioni che li frenano: l’eccessiva e insostenibile
tassazione, la corruzione dilagante e gli appalti truccati, la soffocante e
opprimente burocrazia, la mancanza di certezze e garanzie, il pizzo e i ricatti
della la criminalità diffusa.
Piuttosto che stravolgere ancora lo Statuto e quel che è rimasto dell’articolo 18, servirebbe una riflessione ragionata sui diritti e sulle norme, adeguata alla disperata
realtà attuale, che potesse
estendere, a milioni di precari e disoccupati, le difese come il giusto salario,
la maternità, le ferie, la malattia, la protezione contro i licenziamenti ingiusti, gli ammortizzatori sociali universali.
Nel raro,
improbabile caso che si avesse a cuore la sorte e la tutela dei lavoratori.
23
settembre 2014 (Alfredo Laurano)
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