Per un momento, solo per un momento,
dimentichiamo Internet che ha cambiato e stravolto il mondo, per occuparci di
un’altra precedente rivoluzione che ha trasformato l’Italia e gli italiani.
Era il 3 gennaio del 1954 quando Fulvia Colombo, annunciava in diretta
dai nuovi studi di corso Sempione a Milano la nascita ufficiale della
televisione italiana:"La Rai, Radio televisione italiana, inizia oggi il
suo regolare servizio di trasmissioni televisive…”
La magica scatola, l’apparecchio in legno,
ingombrante, invadente e di grandi dimensioni, fa il suo ingresso nei soggiorni degli
italiani più fortunati (costava circa 250.000 lire, pari alla metà di una
cinquecento), sconvolgendo le tranquille abitudini familiari.
Una storica copertina firmata da Walter
Molino, con un papà che con il figlio segue una partita di pallone, fissa quel
momento straordinario sulla Domenica del Corriere.
Poche ore di trasmissione al giorno: un programma per
ragazzi, il telegiornale e poco altro.
Le immagini, in bianco e nero, non sono di
grande qualità e il segnale non copre tutte le zone del paese. In pochi anni,
però, sarà dappertutto, nei locali pubblici, nei bar, nei cinema e in tante
case di abbonati. L’occhio elettronico descrive la realtà come nessun’altra
voce o scritto potrebbe fare. La capacità di portare immagini, unite a suoni e
parole è fantastica e troppo seducente.
Da quel giorno, sessant’anni di Televisione
hanno accompagnato la nostra vita e scandito i fatti della storia: della nostra
individuale e di quella del mondo e della società. Una rivoluzione
inarrestabile chè è entrata prepotentemente nel nostro modo di fare e di
pensare, che ha trasformato usi, costumi e comportamenti, unificato abitudini e
stili di vita. Quelli della mia generazione sono cresciuti guardando la TV dei
ragazzi, amando i suoi personaggi, vivendo emozioni mai provate prima.
Inizialmente, oltre all’intrattenimento e
all’informazione, la televisione ha svolto un ruolo prevalentemente pedagogico
e didattico in un paese che, a pochi anni dalla guerra e dalla ricostruzione,
aveva un tasso di analfabetismo molto alto.
Ognuno parlava il suo dialetto e le distanze culturali erano vistose.
Con programmi come Telescuola e Non è mai
troppo tardi del maestro Manzi, ha contribuito all'alfabetizzazione, a far
conoscere la lingua nazionale, ad avvicinare realtà e luoghi assai lontani.
Molte donne, prima di sedersi davanti allo
schermo magico, con umiltà e rispetto, si cambiavano d’abito, si pettinavano,
si “aggiustavano” e rispondevano al saluto del presentatore, pensando di essere
a loro volta viste. Una sorta di precognizione di Skype interattivo.
Chiunque può guardare le tante finestre di
modernità e conoscenza che il nuovo strumento apre sul mondo e seguire gli
stessi programmi di sport, di musica, di quiz, di varietà o gli appassionanti
romanzi e commedie.
Trasmissioni che hanno fatto la storia del
Paese: dalla mitica Lascia o Raddoppia condotta da Mike Bongiorno e
seguita da tutti gli italiani - moltissimi portavano una sedia al bar per la visione
collettiva o andavano a casa del vicino (questo fenomeno di proporzioni
incredibili costrinse i dirigenti Rai a cambiare l'orario di messa in onda,
dopo le lamentele dei gestori di cinema che rimanevano vuoti e che poi
decisero, per disperazione, di collocare un televisore al centro della sala per
far seguire il quiz agli spettatori, interropendo il film) - a Campanile Sera,
a Telemacht, al teatro di Eduardo De
Filippo, al Musichiere di Mario Riva.
E poi gli sceneggiati, lo sport, Carosello
e il suo teatrino, Rin Tin Tin , Penna di Falco. Nel 1958 è la volta di
Canzonissima con Nilla Pizzi e il Festival di Sanremo vinto da Domenico Modugno
con Nel blu dipinto di blu.
E ancora, Mina e la sua grande voce, le
gemelle Kessler, che accendevano sogni e fantasie di adolescenti, Corrado, la
Carrà, Baudo, Nanni Loi e le prime irresistibili candid camera.
E’
una TV che istruisce, che rilassa, che commuove. Che racconta l’Italia a tutti
gli italiani, con garbo e discrezione. Vizi e virtù, difetti e qualità lasciano
la sfera del privato ed entrano nella coscienza pubblica, nell’immaginario
collettivo. Aiutano a crescere, a discutere, a ridere, a socializzare.
Negli
anni del benessere e del cosiddetto boom economico, realizza poi un’ opera di
ulteriore unificazione, di nuovo cambiamento. Apre alla modernità, asseconda lo
sviluppo commerciale e, attraverso gli spot rassicuranti e protettivi di
Carosello, fa decollare i consumi.
Negli anni ottanta, con l’avvento delle
emittenti private, finisce il monopolio Rai. Cambia il panorama e tutta la
proposta culturale: l’etere diventa terra di conquista, di potere, di
propaganda e di speculazione. Diminuisce la qualità, aumenta la spettacolarizzazione
di sport, varietà e informazione, si produce e si propina anche molta
spazzatura.
La
pubblicità dilaga e opprime gli spettatori. Alla Rai rimane il ruolo
traballante di servizio pubblico che prosegue, con non poche difficoltà, ancora
oggi.
La televisione, nel bene e nel male, ha
svolto comunque un preciso ruolo sociale e funzionale. Ha educato, informato,
intrattenuto e, come si dice comunemente, contribuito a unificare gli italiani.
Per molto tempo, guardare la tv è stato come scoprire un nuovo
mondo, facendosi cullare tra le onde di diverse, suadenti realtà, con il
rischio, denunciato fin d’allora da intellettuali come Pasolini, che i
contenuti offerti e imposti da quell’ammaliante strumento di potere potessero
portare all’omologazione del pensiero, delle scelte, delle preferenze. Fino
alla possibile scomparsa delle proprie radici e delle tradizioni.
Il che è accaduto, almeno in parte, negli
ultimi trent’anni, quando un’astuta elite ha saputo gestire e sfruttare a
proprio vantaggio quelle possibilità, tra lusinghe, incanti e seduzioni.
Oggi, la Televisione ha perso molto del suo
appeal e la sua sovranità sugli altri media. Anziani e famiglie la seguono
tuttora - film, documentari e varietà - e formano la propria opinione sui TG e
sui sondaggi. Per altri è sport o dibattiti, inchieste e talk show.
Per molti è pura compagnia, una presenza
amica, un sottofondo o una piacevole abitudine, dopo i pasti, che favorisce il
sonno. E’ ancora e tuttavia “il nuovo focolare”, come cantava Arbore.
I giovani la snobbano e scelgono internet,
dove tutto si cerca e tutto si trova.
Oppure
si crea.
4 gennaio 2013
AlfredoLaurano
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