E’ tempo di presepi, di palle e di
alberelli. E di regali, di promesse e pensierini.
Anche se la crisi taglia le proteine dalla
dieta di tanti italiani e spegne le caldaie del riscaldamento in molte case.
Anche se c’è da pagare il mutuo e le bollette, l’Imu, la Tares e tutte le altre
tasse. Anche se le imprese non ce la fanno più, i giovani son sempre più
disoccupati e i pensionati, chi ha perso il lavoro e tanti piccoli imprenditori
sono falliti e mangiano alla Caritas.
Papa Francesco, sempre più amato da
cattolici e da laici, esulta perché il suo S. Lorenzo ha vinto il campionato in
Argentina e perché i suoi followers aumentano ogni giorno, affollano la piazza
di S. Pietro e oggi lo inondano anche di auguri per i suoi 77 anni. La stessa
età di Berlusconi, ma con poche altre analogie….
Come pure esulta l’ipertrofico ego di Renzi
che ha stravinto le Primarie, dove hanno votato, forse per disperazione, tre
milioni di pur ottimisti cittadini, in cerca di stupore e di rinnovamento.
Gli studenti contestano i tagli alla
pubblica istruzione e, come da prassi, vengono selvaggiamente manganellati,
prima all’università di Roma e poi a Milano, da poliziotti ligi al dovere e col
casco bene in testa!
La mafia, dal 41 bis, minaccia ancora e
sempre il procuratore Di Matteo, comunicando ai latitanti che dev’essere
ammazzato.
I consiglieri regionali di mezza Italia
rubano alla grande, ma con gli scontrini in mano e le mutande verdi in faccia.
Napolitano avverte chi vuole andare alle
elezioni che potrebbe dar le dimissioni.
Scioperano i trasporti e tornano puntuali
le targhe alterne.
E qualcuno, per assurdo gioco del destino -
due poveretti di Novara - precipita dal settimo piano per montare sul balcone
le luci di Natale!
Intanto, dopo l’uscita del decaduto
cavaliere dalla maggioranza e lo strappo del nuovo farmaco di Alfano -
l’Ennecidi, prima o dopo i pasti, tutti i giorni - il governo, per pura forma e
senza pregiudizio, si rivota la fiducia nel Parlamento delle ora più scarse
intese.
E subito, per darsi un tono e ritrovar
consensi, approva l’abolizione dei soldi pubblici ai partiti, ma con morte
molto lenta, indolore e diluita nel tempo e nelle procedure.
Ma, dopo quello di S. Francesco a Greccio nel
‘200 e quello romano o napoletano del ‘700, nel perpetuo presepe vivente e
molto animato all’italiana, non potevano mancare i più tipici e rappresentativi
personaggi: i pastori sulle strade e nelle tende e i contadini con le forche in
mano, già disegnati a S. Gregorio Armeno.
Il movimento dei Forconi, nato in Sicilia due
anni fa come segno di protesta di contadini contro gli alti prezzi del
carburante e delle tasse, si è allargato notevolmente e si è modificato e
distinto in varie anime che rifiutano ormai questa etichetta e si riconoscono
come “quelli del 9 Dicembre”.
Chi sono?
Agricoltori, camionisti, piccoli imprenditori,
commercianti, tassisti, studenti, ambulanti,
disoccupati e ultras del calcio. Nonché infiltrati di movimenti
neofascisti come Forza Nuova e Casa Pound che cercano il caos, gli scontri e la
guerriglia.
Tutti appassionatamente uniti nella piazza
del dissenso. Una confusa rivolta, fra interessi contrastanti e inconfessate ideologie, condita e
impreziosita da elementi di razzismo e di nazionalismo. E per cornice, un
tripudio di fazzoletti e bandiere tricolori.
Per cosa protestano?
Per tutto. Contro l’incubo del “fiscal
compact” (misure di austerità e regole di bilancio imposte dall’Europa), contro le tasse infinite ed usuraie che falcidiano
i guadagni da lavoro, l’elevato costo delle licenze, delle bollette e del carburante,
i bassi salari, l'euro, l'Unione Europea, la globalizzazione, le importazioni
cinesi a basso costo, il TAV,
l'inquinamento nella Terra dei Fuochi , i tagli all'istruzione.
Soprattutto,
vogliono mandare a casa tutti i politici. Di destra, di centro e di
sinistra e pure i cani sciolti.
Le ragioni della protesta e di tanto
malcontento sono evidenti e condivisibili. I problemi sono reali e riguardano
milioni di persone, il futuro dei figli e dei nipoti e, in molti casi, la
sopravvivenza. Sappiamo quante migliaia di imprese hanno chiuso e quanti si
sono suicidati per aver perso tutto: le cose, la speranza, l’idea di futuro e
la dignità.
Ma non c’è coerenza in questa sommossa
popolare, non c’è una strategia comune o una linea di azione mirata a un
obiettivo. Tant’è che le diverse anime si sono già divise e domani a Roma non
ci saranno i “forconi siciliani” di Mariano Ferro e i ribelli veneti di
Chiavegato. Solo agricoltori, commercianti, imprenditori del Lazio, seguaci di
Calvani.
Quello che non si capisce è cosa si
dovrebbe fare una volta che, per magia o per miracolo divino, tutti i politici
fossero mandati effettivamente a casa.
Nuove elezioni ? Per votare chi? Non certo
quei partiti o quegli stessi deputati, senatori o consiglieri di Comuni e di
Regioni; ma neanche gli insorti, i forconi, che non vogliono essere né partito,
né politici, né salvatori della patria.
Allora? Auspichiamo un governo provvisorio
di militari e carabinieri, come qualche sciagurato dice? O preferiamo essere
commissariati dalla grande Germania? O ci buttiamo nel tempestoso fiume
dell’anarchia e della guerra civile?
Nessuno, tra chi guida la protesta, azzarda
una risposta o propone una qualche realistica soluzione.
Siamo
al confine fra la ridicola caricatura di una improvvisata rivoluzione parolaia
e la più solenne imbecillità del conformismo ambizioso e velleitario. Forse
serve il conforto di un’ideologia alle spalle e uno scopo chiaro e concreto in
prospettiva.
Grillo, preoccupato di non essere più il
solo a gestire la contestazione, tenta di salire sul carro dei ribelli
sollecitando la polizia a unirsi ai manifestanti e a smettere di proteggere la
casta. Ma allora “Nove Dicembre” e “Cinque Stelle”
sono la stessa cosa!
Non dicono
entrambi “tutti a casa”? Non rifiutano entrambi l’attuale
classe dirigente? Non occupano gli stessi spazi e non usano lo stesso linguaggio e gli stessi temi di battaglia?
Se è così, il totale della piazza populista
fa quattordici! Perché crearsi altri problemi, tra fazioni, distinzioni,
preferenze, vaffanculi e rabbia libertaria?
C’è la rivendicazione del singolo, del
comune cittadino, sfinito e dissanguato, ma anche di tante diverse categorie di
lavoratori contro un sistema che fa acqua da ogni parte.
E poi, non dimentichiamolo, ci sarebbe pure
un’altra rivoluzione…. se dovessero arrestare Berlusconi!
Te
piace ‘o presepe? E’ con tanti forconi, ma senza Re Magi.
17 dicembre 2013
AlfredoLaurano
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