Certo, non si può dire che non ci sappia
fare. Non sbaglia una mossa e finisce ogni giorno, ogni mezz’ora sulla prime
pagine dei giornali e nei siti on line..
Dopo le primarie, la sua visibilità
mediatica, già prima così larga da garantirgli una vittoria facile e sicura sui
quasi sconosciuti Cuperlo e Civati, è aumentata a dismisura e il suo
protagonismo ha già quasi oscurato quello del suo collega condannato e decaduto
e del suo fantastico mondo di comparse e di facili donnine. Nonché quello del
comico a cinque stelle, appannato, in parte, da altri incazzati sulle piazza,
coi forconi e il tricolore.
Va dappertutto, è onnipresente: nei
telegiornali, nei talk, nelle trasmissioni di gossip e di intrattenimento o in collegamento dall’Arno o dall’ufficio,
nella terre della camorra o a Lampedusa.
Un’invasione dilagante nelle case di tutti gli
italiani, quasi superiore a quella di Bruno Vespa che, ogni fine d’anno,
smarchetta l’ultimo suo libro a destra e a manca e anche nelle farmacie o nei
mercati di quartiere. Inviti di colleghi servili e amici compiacenti, spot camuffati
da notizia ed interviste lacrimose sulla nonna, sul sale, lo zucchero e l’infanzia,
senza pagare un obolo di pubblicità e grazie ai suoi tanti santi in paradiso.
O a quella di Francesco che ammonisce alla
sobrietà, condanna la ricchezza e l’arroganza, festeggia coi clochard il
compleanno e visita bambini e bisognosi.
Ma senza un briciolo della sua umiltà.
Anzi, al contrario, sprizza presunzione e
sicurezza da primo della classe, col braccio sempre alzato perché ha sempre pronta
una risposta: “ lo so io, signora maestra!”
Matteo
Renzi, il puffo fiorentino che quasi per costrizione, per ripugnanza del
politicismo, per la fiducia liquefatta di cittadini nauseati e stanchi o per volontà
della nazione - mortificata dalla crisi e demoralizzata da ruberie e incapacità
- è stato chiamato a guidare quel che resta di uno nobile partito, che le
vicende della Storia e dilettanti incompetenti hanno snaturato e trasformato.
E’ l’uomo giusto per il tempo giusto che
piace a tutti: ai delusi di sinistra, ai moderati di centro e di destra, a chi
guarda al dopo Silvio, ai grandi imprenditori, a Confindustria, all’Europa ed ai
mercati. Che cattura la voglia di cambiare e incanta la speranza di tanti disperati.
Abile stratega da marketing comunale, rottamatore superbo ed ambizioso,
s’impone all’attenzione, parla a raffica ma non dice niente.
Però
promette sogni, sviluppo e innovazione, inventa slogan a pronta presa, come
fece vent’anni fa un certo Berlusconi.
Piacere a tutti, tuttavia, non sempre è una
virtù, perché vuol dire anche non voler dispiacere a nessuno, non schierarsi,
non prender posizione per condurre la battaglia.
Difficile per chi voglia rappresentare un
popolo, un programma, un obiettivo e per chi si fa simbolo e bandiera di un’idea.
Immodestia a parte da saccente promotore di se stesso.
Una scelta è necessaria. A meno che non sia
subito quella sbagliata: dubitare dell’articolo 18, come invece ha già fatto, tanto
per cominciare: ottimo assist per Marchionne e grandi imprenditori, ma non
certo un buon segnale per i lavoratori.
La gente è stremata e pronta alla serrata,
con tanta rabbia in corpo e coi forconi. Senza lavoro, senza botteghe, chiuse
dalle tasse e dalla crisi, e aspetta qualche soluzione. Seria e concreta, non
fiumi gonfi di parole, che tracimano retorica e scarse conclusioni.
Capito,
logorroico Mr. Bean?
Stupiscici! E' Natale!
23
dicembre 2013 (Alfredo Laurano)
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