Dopo aver disertato le piazze dei comizi di chiusura della campagna
elettorale a Roma, i romani hanno anche disertato le urne. Molto di più che nel
resto d’Italia, dove il dato dell’affluenza è stato del 62%. Nella capitale ha
votato il 52%, quasi uno su due: ci sarà un perché!
Sembra evidente che la gente è stufa, delusa, rassegnata e incazzata.
A tre mesi dalle politiche, è successo tutto il peggio che si potesse
immaginare un giorno prima.
Il centrosinistra sulla carta aveva già vinto; Berlusconi era finito;
Grillo non impensieriva più di tanto.
E che cosa si son ritrovati invece gli
italiani, richiamati al voto amministrativo?
Un governo dell’inciucio che fa schifo ai suoi stessi componenti, il
cavaliere sempre in sella a guidare, nell’ombra, quelle larghe intese, l’immobilismo
sterile degli inesperti cinquestelle - forti di un sorprendente risultato - l’incredibile
conferma di Napolitano (dopo la vergogna di non essere stati in grado di votare
un nuovo presidente), la pesante frattura nel PD dei franchi “traditori”.
Si poteva pensare che sarebbero andati ancora a votare con la bandiera
dell’entusiasmo?
Meglio allo stadio per il derby, a Roma, con quelle della propria
squadra.
Al vuoto, al vuoto,…dunque!
Qualche considerazione, però, sembra opportuna.
Nonostante tutto e nonostante il PD, il centro sinistra non è naufragato,
anzi…
-Ha vinto al primo turno in diversi comuni come Pisa, Sondrio, Vicenza,
Massa e Isernia;
-è in vantaggio in tutte le altre province, dove andrà al ballottaggio;
-a Roma, Marino stacca Alemanno di dodici punti percentuale.
E’ chiaro che il partito dell’astensione, vero vincitore della
competizione elettorale, gli ha dato una forte mano, mandando in cabina i più
fedeli, i più motivati, a prescindere da critiche e dissensi.
Molti, stanchi anche di protestare, hanno mollato Grillo, che continua ad
abbaiare alla luna, e le sue deprimenti strategie della diaria e degli
scontrini. Hanno bocciato i suoi referendum digitali per decidere anche se
conviene, o no, portare l’ombrello quando piove o dove e quando parlare con qualcuno. Hanno
anche punito l’arroganza e la presunzione di saccenti e spocchiosi neofiti del
parlamento e la insolente reazione all’inchiesta della Gabbanelli, già idolo
sul Web di tutti i militanti.
Due recenti eventi dei giorni scorsi, aiutano, a spiegare la dinamica
della partecipazione popolare, quando c’è ed è voluta: la beatificazione di Don
Puglisi, riconosciuto simbolo antimafia, e da questa ucciso, e l’ultimo addio,
nella Genova piangente, a Don Gallo, bandiera di una sinistra verace che non
abita in parlamento, nè certo nella Chiesa, ma vive nelle strade e nelle
comunità.
Migliaia di persone, di famiglie, di giovani e di anziani hanno
manifestato spontaneamente con calore e sentimento. Hanno espresso proprio quella
voglia di esserci, quel bisogno di
testimoniare l’impegno e la passione. Anche negli infiniti commenti e nelle
dichiarazioni lasciati sulla rete.
Tutto ciò significa, a mio avviso, che si sceglie di essere coinvolti
quando ne vale la pena, quando si avverte il senso di responsabilità e la
voglia di contare.
Guardando avanti, bisogna anche ricordare che, in queste comunali, il
Movimento delle Stelle ha restituito tanti voti presi in prestito, tre mesi fa,
dal partito dell’astensionismo - che aveva in qualche modo e in buona parte
sgretolato - e che Ignazio Marino, candidato sindaco a Roma, non rappresenta l’attuale
volto del partito in cui milita, anzi se ne è smarcato: non ha votato la
fiducia al governo Letta e a Napolitano bis, ma ha votato Rodotà.
E questo può fare la differenza al ballottaggio.
Anche e soprattutto agli occhi di chi, al di là di certe dichiarazioni di
rito e di coerenza vuota e parolaia, qualche distinguo con la propria testa lo
fa e non pensa proprio che son tutti uguali.
28 maggio 2013
(Alfredo Laurano)
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