Commentare
cosi il docu-film messo in onda da Raiuno per raccontare la Storia di Nilde -
partigiana, madre costituente, prima donna a ricoprire la carica di Presidente
della Camera - non è solo sessista, ma
irritante e malizioso.
Nilde
Iotti, di cui ricorre in questi giorni il ventesimo anniversario della
scomparsa, ha aperto la strada a molte donne che, dopo di lei, hanno scelto di
partecipare all’attività politica. In vita, ha goduto della stima di compagni
di partito e avversari politici.
Ma
il quotidiano Libero, della coppia Senaldi-Feltri, ha scelto questa etichetta,
in modo fortemente ambiguo, per sminuirla agli occhi dei suoi lettori che soffrono
e si nutrono di viscerale sindrome anticomunista, a prescindere. Senza,
peraltro, entrare nel merito della sua vicenda umana e del giudizio sull’opera
che la rappresenta e la racconta.
La
stessa attrice (Anna Foglietta), viene definita “una romana bella e soda, chiamata
a interpretare la più soda presidentessa della Camera”: quando si dice
giornalismo di qualità, quando si pesca nel gossip e nel confortante collante
della misoginia un tanto al chilo!
Storia
di Nilde è invece la storia di una grande donna, di una grande italiana. Una
delle personalità che hanno fatto grande il nostro Paese, un personaggio senza
tempo, vero e concreto sotto ogni punto di vista.
E’
il racconto appassionato della carriera politica della prima donna Presidente
di Montecitorio (seguì Pertini e Ingrao, per tre mandati dal 1979 al 1992),
ricostruita brillantemente da Emanuele Imbucci, tra fiction, documenti,
materiale d’archivio e testimonianze storiche, intrecciando linguaggi diversi,
ma tutti utili allo scopo narrativo. Ricordo lo stupore e l’incredulità che mi
colpirono due anni dopo (1994), quando su quello scranno che fu di quei
monumentali personaggi, arrivò la giovane leghista Irene Pivetti.
“Dobbiamo tantissimo
a Nilde Iotti. Dovremmo onorarla di più. Se oggi fosse ancora in Parlamento si batterebbe
come una leonessa contro le ingiustizie", s’infiamma Anna Foglietta, parlando del
ruolo che è stata chiamata a interpretare.
E’
anche la storia umana e privata dell’amore difficile e contrastato con Palmiro
Togliatti - sposato all’epoca con Rita Montagnana, dirigente dello stesso PCI -
osteggiato dall’opinione pubblica e dallo stesso Partito che temeva potesse
danneggiare la sua rigorosa immagine. Un film che si sofferma anche sui momenti
più intimi della trasgressiva coppia, come l’inizio della convivenza a Botteghe
Oscure e l'adozione della piccola Marisa Malagoli. Ma che ripercorre le tappe di
una vita sempre e comunque all’insegna dell’impegno, prima nella Resistenza,
poi nella Costituente (fu una delle 21 donne chiamate a farne parte), e quindi
nelle battaglie per i diritti delle donne.
Una
storia che divenne di dominio pubblico nel 1948, quando Palmiro Togliatti subì
l’attentato - mentre usciva da Montecitorio insieme alla stessa Nilde - che
rischiò di portare l’intero Paese sull’orlo della guerra civile.
L’appello di
Togliatti dal letto d'ospedale e, secondo la leggenda, la vittoria di Gino
Bartali al Tour de France evitarono un'insurrezione.
Checché
ne pensi lo squallido giornaletto padano, l’opera disegna i contorni e l’anima
di una donna forte, d’acciaio, ma profondamente umana e autentica. Ne evidenzia
la sua autorevolezza, il carisma, la non comune capacità di dialogo e di
inclusione politica, ma anche le scelte coraggiose e anticonvenzionali, in un
contesto socio-politico non certo facile e favorevole.
“Una bella emiliana
simpatica e prosperosa”, forse
grande in cucina e grande a letto, ma che sapeva sicuramente lottare e sicuramente
amare.
(Alfredo Laurano)
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