venerdì 6 dicembre 2019

FANATISMO ANIMALISTA /1919


Scriveva, qualche tempo fa, una mia sensibile e intelligente amica:
«Quando amiamo molto gli animali, li amiamo a spese degli uomini» (Jean-Paul Sartre).
La diffusione così dilagante e quasi ossessiva degli animali domestici nasconde in sé il contagio di una moda.
Di una comoda moda: perché un cane non pretende nulla, non ti fa domande, non ti contraddice, non ti critica, non ti impegna culturalmente, non ti manda a quel paese. Una ciotola, una semplice carezza e via!
Io diffido di chi ama morbosamente un cane o un gatto, fino a ritenerli come persone di famiglia, facendone oggetto di coccole e attenzioni che si riserverebbero solo a un figlio.
Il donarsi agli animali nasconde troppe volte non tanto la diffidenza e la delusione verso gli umani, quanto la incapacità ad amare qualcuno della stessa specie, incapacità all’impegno. Capire, amare e gestire un rapporto umano è infinitamente più difficile e faticoso che capire, amare e gestire un bassotto o un siamese.
Un cane – ripeto – chiede poco, ma agli uomini bisogna darsi totalmente, con un impegno che richiede risorse intellettive, caratteriali, culturali, in un confronto sempre aperto perché ogni volta imprevedibile, sempre sofferto perché segnato da rinunce e ripieghi, puntellato da compromessi e umiltà, trapassato dai pungoli della propria coscienza e dai tremiti della propria anima.
Io ho un cane che è con me da 17 anni, gli voglio molto bene, ma ho letto certi post che paragonano l'amore per un figlio a quello per il proprio cane ed ho sentito il dovere di specificare almeno la qualità di rapporto, esiste una differenza significativa: per l'appunto amare smisuratamente un animale, al pari di un altro essere umano, significa non mettersi mai in discussione.

Ovviamente, è stata attaccata, aggredita e insultata dai soliti animalisti talebani, intolleranti e integralisti, che fingono di non capire il senso di quella sana riflessione.
La simbiosi e la reciproca comprensione, che si instaura soprattutto tra i cani e i loro padroni, sono sentimenti veri, reali e profondi, ma alcune volte diventano quasi un'ossessione: gli animali acquistano sempre più spazio nella routine quotidiana, si dedica loro tempo, energie, affetto, denaro...si preferisce la loro compagnia a quella degli esseri umani.
Ma se non si capisce e si accetta che - a parità di profondità e intensità - l'amore verso un figlio è cosa diversa da quella verso un animale, vuol dire che non si riconosce il concetto di umanità e le differenze di specie che la natura ha stabilito.
Pensare di rapportarsi e di interpretare il cane o il gatto come se fossero della nostra stessa specie è un grave equivoco etologico: “il mio bambino oggi fa i capricci” …” vieni dalla mamma che ti dà la pappa”. Magari, col cucchiaino.
Oppure, gli mettiamo il pigiamino, l’accappatoio, il cappottino, lo portiamo a spasso in carrozzina e lo facciamo dormire nel letto, accanto a noi.
Il cane non è un bambino, è animale da branco: sebbene addomesticato e addestrato, ha sempre bisogno di mantenere un contatto con altri animali della stessa specie. Ha sempre l’obbligo di nutrire e rispettare il suo istinto (vedi i casi limite di aggressioni feroci e imprevedibili, nei confronti di padroni grandi e piccoli).                                                
L’animale non può neanche essere - se non per assoluta necessità (per non vedenti, disabili, soccorso, polizia, antidroga, salvataggio, pet therapy) - un surrogato di rapporti personali e sociali, spesso difficili, come capita ad esempio a chi è molto solo, come anziani, single ed emarginati che riversano nei loro compagni a quattro zampe, più parenti che amici, tutto il proprio affetto e i propri sentimenti.
L’antropomorfizzazione è sempre un errore, un insulto alla natura e al concetto di specie. Non rispetta le peculiarità proprie, tipiche e distintive del singolo individuo e tende ad umanizzare tutto ciò che lo riguarda o gli sta intorno, divinità compresa.
Altrimenti, quella forma di amore incondizionato rischia di diventare solo attaccamento morboso, ossessione patologica e fissazione.
Il grande ecosistema naturale poggia invece sulle diversità e sull’equilibrio tra gli esseri viventi e l’ambiente, in tutte le sue componenti: organismi, piante, uomini e animali, in grado di interagire tra loro ed adattarsi all’habitat e al contesto istintuale, ma anche sociale, culturale e morale in cui vivono.
Di norma, deviazioni psicopatologiche e perversioni a parte, noi non ci accoppiamo con cani, gatti o pecore e cavalli.
 (Alfredo Laurano)


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