Scriveva, qualche tempo fa, una mia sensibile e
intelligente amica:
«Quando amiamo molto gli animali, li amiamo a spese degli
uomini» (Jean-Paul Sartre).
La diffusione così dilagante e quasi ossessiva degli
animali domestici nasconde in sé il contagio di una moda.
Di una comoda moda: perché un cane non pretende nulla, non
ti fa domande, non ti contraddice, non ti critica, non ti impegna
culturalmente, non ti manda a quel paese. Una ciotola, una semplice carezza e
via!
Io diffido di chi ama morbosamente un cane o un gatto, fino
a ritenerli come persone di famiglia, facendone oggetto di coccole e attenzioni
che si riserverebbero solo a un figlio.
Il donarsi agli animali nasconde troppe volte non tanto la
diffidenza e la delusione verso gli umani, quanto la incapacità ad amare
qualcuno della stessa specie, incapacità all’impegno. Capire, amare e gestire
un rapporto umano è infinitamente più difficile e faticoso che capire, amare e
gestire un bassotto o un siamese.
Un cane – ripeto – chiede poco, ma agli uomini bisogna
darsi totalmente, con un impegno che richiede risorse intellettive,
caratteriali, culturali, in un confronto sempre aperto perché ogni volta imprevedibile,
sempre sofferto perché segnato da rinunce e ripieghi, puntellato da compromessi
e umiltà, trapassato dai pungoli della propria coscienza e dai tremiti della
propria anima.
Io ho un cane che è con me da 17 anni, gli voglio molto
bene, ma ho letto certi post che paragonano l'amore per un figlio a quello per
il proprio cane ed ho sentito il dovere di specificare almeno la qualità di
rapporto, esiste una differenza significativa: per l'appunto amare
smisuratamente un animale, al pari di un altro essere umano, significa non
mettersi mai in discussione.
Ovviamente, è stata attaccata, aggredita e insultata dai
soliti animalisti talebani, intolleranti e integralisti, che fingono di non
capire il senso di quella sana riflessione.
La simbiosi e la reciproca comprensione, che si instaura
soprattutto tra i cani e i loro padroni, sono sentimenti veri, reali e
profondi, ma alcune volte diventano quasi un'ossessione: gli animali acquistano
sempre più spazio nella routine quotidiana, si dedica loro tempo, energie,
affetto, denaro...si preferisce la loro compagnia a quella degli esseri umani.
Ma se non si capisce e si accetta che - a parità di
profondità e intensità - l'amore verso un figlio è cosa diversa da quella verso
un animale, vuol dire che non si riconosce il concetto di umanità e le
differenze di specie che la natura ha stabilito.
Pensare di rapportarsi e di interpretare il cane o il gatto
come se fossero della nostra stessa specie è un grave equivoco etologico: “il
mio bambino oggi fa i capricci” …” vieni dalla mamma che ti dà la pappa”.
Magari, col cucchiaino.
Oppure, gli mettiamo il pigiamino, l’accappatoio, il
cappottino, lo portiamo a spasso in carrozzina e lo facciamo dormire nel letto,
accanto a noi.
Il cane non è un bambino, è animale da branco: sebbene
addomesticato e addestrato, ha sempre bisogno di mantenere un contatto con
altri animali della stessa specie. Ha sempre l’obbligo di nutrire e rispettare
il suo istinto (vedi i casi limite di aggressioni feroci e imprevedibili, nei
confronti di padroni grandi e piccoli).
L’animale non può neanche essere - se non per assoluta
necessità (per non vedenti, disabili, soccorso, polizia, antidroga,
salvataggio, pet therapy) - un surrogato di rapporti personali e sociali,
spesso difficili, come capita ad esempio a chi è molto solo, come anziani,
single ed emarginati che riversano nei loro compagni a quattro zampe, più
parenti che amici, tutto il proprio affetto e i propri sentimenti.
L’antropomorfizzazione è sempre un errore, un insulto alla
natura e al concetto di specie. Non rispetta le peculiarità proprie, tipiche e
distintive del singolo individuo e tende ad umanizzare tutto ciò che lo
riguarda o gli sta intorno, divinità compresa.
Altrimenti, quella
forma di amore incondizionato rischia
di diventare solo attaccamento morboso, ossessione patologica e fissazione.
Il grande ecosistema naturale poggia invece sulle diversità
e sull’equilibrio tra gli esseri viventi e l’ambiente, in tutte le sue
componenti: organismi, piante, uomini e animali, in grado di interagire tra
loro ed adattarsi all’habitat e al contesto istintuale, ma anche sociale,
culturale e morale in cui vivono.
Di norma, deviazioni psicopatologiche e perversioni a
parte, noi non ci accoppiamo con cani, gatti o pecore e cavalli.
(Alfredo Laurano)
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