“Ma chi è questo? Da dove esce? Dove lo avete trovato? È come
parlare con una friggitrice che fa rumore sotto.”
Così disse una volta, in una trasmissione di Bianca
Berlinguer, Gino Strada.
Fra i tanti sgradevolissimi e ciancianti personaggi,
travestiti da opinionisti - come Sgarbi, Mughini, Feltri, Parietti, Malgioglio
ed altri comici vari - è salito di recente agli onori della TV spazzatura anche
Mario Giordano. Quello con quella voce da scimmia, stridula, aspra e fastidiosa,
come un'unghia che sfrega sul vetro, che non potrebbe recitare nemmeno nelle sale
della parrocchietta o del suo degradato condominio: non sarebbe credibile
nemmeno all’elitario club dei più apprezzati e riconosciuti minus habens
Un cialtrone, un guitto miserabile, un venditore di odio
per pura propaganda, pronto a spolpare qualsiasi osso di cronaca o di gossip
che gli venga a tiro.
Le sue sceneggiate da commediante incapace e fallito, fanno
rimpiangere il grande Mario Merola, la cui memoria resta profondamente offesa
da quelle sue ridicole movenze da santone e dai suoi toni da imbonitore: il
tutto in una cornice di insipienza, di ignoranza, di stoltezza intellettuale o
morale, di ottusità di spirito.
Come quando, nella sua squallida trasmissione, ha “trattato”,
con miserabile e indegna strumentalizzazione, il caso Bibbiano, ma anche
qualsiasi altro tema su cui poter speculare.
Il guitto si attacca alla telecamera, fino a toccarla e a
far deformare il proprio viso e le sue sembianze umane. Fino a far fisicamente
schifo e a provocar fastidio e irritazione: “Non voglio vivere in un mondo che
distrugge la nostra famiglia!”. Poi si volta e grida per tutto lo studio: “La
cosa più preziosa la vogliono distruggere!”. Poi, si ferma e, stralunato,
guarda gli spettatori: “L’avete capito? L’avete capito?”
Manco recitasse il mito di una furiosa e disperata Medea.
Penombra su tutti, luci solo su di lui con il seguipersone,
il noto occhio di bue, per aumentare il pathos che l’invasato vuol creare e
suscitare: quel fascio di luce concentrata lo divinizza come un infantile totem
alla stupidità umana.
All’improvviso, si accascia, china la testa, mette le mani
davanti alla bocca. Poi le luci si allargano: tutti si alzano e lo applaudono.
Una performance memorabile, uno show senza prezzo e senza
biglietto.
Non è un film, uno sketch da avanspettacolo o
un atto unico da tragedia greca, è una puntata di “Fuori dal Coro”, l’ignobile
programma condotto, più che teatralmente, dal clown senza dignità Mario
Giordano.
A fari spenti, resta lo squallore immenso di un grottesco
personaggio, un aspirante santone che, come un cornacchia, urla le sue verità,
che deforma la realtà, con spettacolarizzazioni indegne.
Un mediocre individuo, irritante e ripugnante, assurto alla
popolarità televisiva per imperscrutabili disegni del destino: la nuova Vanna
Marchi del giornalettismo.
E c’è pure chi gli crede. Si convince. E poi vota.
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