Tutto il mondo ha visto la breve,
sconvolgente sequenza dell’uccisione a New York del 43 enne afroamericano Eric
Garner, padre di sei figli, fermato per contrabbando di sigarette, non per
stupro o strage.
Il povero Eric è obeso e soffre d’asma.
Quattro poliziotti gli si scagliano addosso, lo
sbattono per terra, lo schiacciano coi loro corpi, fino a farlo soffocare con
una presa di chokehold, utilizzata nelle arti
marziali, combattimento militare, autodifesa.
La morte avviene subito perché la micidiale
tecnica impedisce all’aria di passare e quindi alla vittima di respirare.
“I can't breathe” (non posso respirare) sono
infatti le ultime parole di Eric Garner che si sentono nel video, prima di
essere ucciso senza motivo.
Sono le stesse che sono diventate sempre più
il grido collettivo dell'indignazione popolare.
Mentre negli Usa dilaga la protesta e la
disubbidienza civile contro il razzismo istituzionale che continua a mietere
vittime (dopo il caso di Ferguson, altri due neri ammazzati dalla polizia),
anche a New York il Grand Jury ha deciso di non perseguire l’agente
“strozzatore”, italo-americano, che ha provocato la morte di quell’uomo,
disarmato e inerme.
E stato invece incriminato per possesso
d’armi (o per rappresaglia?) l’autore
del video e sono state arrestate 83 persone tra i manifestanti che chiedevano
giustizia.
E’ agghiacciante e vergognoso.
8 dicembre 2014
AlfredoLaurano
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