Almeno
dal 1991, prima guerra del Golfo, abbiamo vissuto la guerra in diretta e imparato
a vedere e sentire l’orrore sullo schermo, come fosse un appassionante
video-game.
Un’inedita
forma di spettacolo nella società dell’immagine, che produce anche quello della
morte e delle stragi e raccoglie un’ altissima audience.
Con
tanto di conduttore, di inviati e corrispondenti, di talk show, dibattiti e
dirette no-stop.
Abbiamo
ormai conseguito, più o meno tutti, una certa immunità e sviluppato un nuovo ceppo di anticorpi che
creano distacco e assuefazione.
Anche perché tutto si avverte lontano dalla nostra casa e quindi poco
minaccioso.
Fino
a qualche decennio fa, ci stupivamo, e ne parlavamo per giorni, dell’incidente in autostrada, della rapina a mano armata in una banca, di uno scandalo sessuale o del tradimento di un
personaggio pubblico. Ogni notizia ci turbava e aveva il suo rilievo. Colpiva
la sensibilità e la morale popolare.
Ora,
tutto scivola lievemente ai bordi della nostra coscienza.
Nemmeno le stragi e i massacri di
bambini catturano più di qualche minuto di attenzione. E tutto prosegue
nell’indifferenza.
Almeno
fino a quando, per necessità o per diretto coinvolgimento, non cerchiamo una
ragione o un conforto a un dolore
personale, a un triste evento o alla nostra
debolezza, per esorcizzare le ansie e le
paure. E creiamo gli “angeli”, come proiezione delle nostre speranze e aspettative
o per bisogno di protezione dalla violenza, dall'odio e dalla guerra che, però,
sono nel contempo la "normale" conseguenza del nostro stesso egoismo
e della brama di ricchezza e di potere.
Gli
altri animali che popolano la terra uccidono solo per mangiare e sopravvivere,
non per sfruttare, dominare o per piacere.
Cioè, per essere, non per avere.
Un
siffatto mondo che si riconosce solo nel dio denaro e nel profitto non può
essere riformato, ma solo abbattuto e sostituito. Sostituendo, però - ma è solo
un’utopia - anche l'essenza e la natura dell'uomo.
Perché
tutti noi, che ci consideriamo buoni, onesti, leali e solidali, possiamo essere
oppressi od oppressori, a seconda dei casi e delle condizioni, in quanto
prodotto di alchimie metafisiche impenetrabili, che non ci è dato capire, ma che
decidono, però, ruoli e destini, al di là del libero arbitrio.
Homo
homini lupus, di hobbesiana memoria è sempre attuale. Ho scritto in altra sede, ma vale
anche in questa circostanza, che in questo realtà l'amore, quando prevale e
quando c'è, viene sprecato in tante situazioni, che ci siano vicine o assai
lontane.
Non
è mai un valore assoluto o bandiera
della nostra volontà, anche se ci piace e mi piace pensarlo.
E'
il Caso, le circostanze che decidono quando
si è buoni e quando si è cattivi.
Se
costretto, se in battaglia, se vessato anche il ”buono” uccide e fa violenza.
Ciò avviene, per esempio nella
rivoluzione.
E poi, basta guardarci dentro e intorno.
Nel nostro animo non esiste l’esclusiva: coabitano bontà e malvagità.
Alla fine del film e di ogni commedia
umana, però, e non so perché, prevalgono sempre - nel privato, nel quotidiano e
nella storia - il male, la cattiveria e la violenza, coniugati in ogni forma e
declinazione.
All’amore e agli angeli resta solo una fittizia funzione consolatoria
che rafforza e tiene in piedi le nostre illusioni barcollanti, in attesa di un
finale già scritto nel copione.
13 novembre 2012 AlfredoLaurano
Nessun commento:
Posta un commento