Erano gli anni dell’adolescenza, delle tempeste ormonali, dei turbamenti e delle passioni, delle scoperte e delle contestazioni, dei contrasti accesi e del dissenso, delle sfide e dei rifiuti.
Ogni scelta era netta, ogni giudizio perentorio, ogni idea precisa, ogni posizione decisa: l’antagonismo si opponeva alla massificazione e alle dinamiche intollerabili di una società chiusa e arroccata sui privilegi e le discriminazioni, com'è ancora oggi.
Tutto era motivo di protesta, di ribellione e d’opposizione.
Il concetto di giustizia e d’uguaglianza era il traguardo da inseguire, la battaglia ideale da combattere contro ogni forma e abuso di potere e di autoritarismo. Schierarsi era quasi obbligatorio.
La mia insegnante di Filosofia - scrittrice e grande intellettuale, frequentatrice del Caffè letterario Aragno - fu determinante per la mia formazione: mi avvicinò all’analisi rigorosa, al costante senso critico e del dubbio, alla discussione dei fatti e delle idee, delle credenze e del pensiero dominante. Sempre in nome della ragione e del laicismo e senza preconcetti o condizionamento alcuno.
Quello di Lettere mi fece scoprire Dante, la cultura del Trecento e l’origine della nostra lingua straordinaria. E mi introdusse anche, con garbo e discrezione, al fascino seduttivo della musica dei grandi: ad apprezzare il monumentale Bach, l’eclettismo di Mozart, la forza di Beethoven, le magiche pagine di Chopin, le grandi sinfonie, i concerti, le sonate e il melodramma.
All’orizzonte, intanto, si affacciavano i Beatles con il loro repertorio leggero, ma rivoluzionario e innovativo, fatto di ritmo e melodie suadenti e coinvolgenti. Per tutto questo, divenni poco dopo anche un appassionato e modesto musicista fai da te, fondando con alcuni amici “I Rustici”. Non si mangiavano, ma garantivano grandi successi in tutt’Italia, folle di fans impazziti e donne a profusione!
La lettura dei classici del sette-ottocento e degli autori romantici - che, letteralmente, divoravo - mi avvicinarono ai drammi e alle passioni umane, alle storie popolari, alle grandi idealità, acuendo le fragili linee di quella innata sensibilità, assai vicina alla coscienza, ma poco utile, anzi nociva, nella cinica società dei prepotenti. Anche se, poi, col tempo e con la maturità, qualche idonea contromisura politica e culturale mi consentì di bilanciarla, per non esserne consumato, come vittima designata.
Tutta quella letteratura che mi affascinava e mi prendeva, mi portò a scrivere, un po’ per gioco e per curiosità. Per esprimere un’idea e confrontarmi con la realtà di un mondo iniquo e con me stesso.
E a interessarmi, subito dopo, di cinema - studiando regia, fotografia, tecniche di ripresa e il montaggio storico di Eisenstejn - per tradurre in immagini un racconto o un semplice pensiero. Anche se, per qualcuno, eccessivamente critico, pungente e spiritoso, le mie “opere” erano come la fantozziana Corazzata Potemkin, che tanto amavo e spesso citavo.
Tanti altri eventi, interessi e passioni hanno successivamente scolpito i policromi tasselli del mosaico della mia esistenza.
Questo era il mio background di quei lontani tempi. Ma, ciascuno, com’è noto, ha il suo.
I fatti e le circostanze vissuti nell’infanzia, nella giovinezza e in tutte le fasi della vita, fanno da sfondo e spiegano la nostra personalità, la nostra dimensione culturale, il perché siamo.
Il background di un soggetto, quindi, è composto dalle sue esperienze e da tutto quello che ha contribuito a farne ciò che è.
Ciò che, invece, sta dietro a quei fatti, a quell’ incontro, a quell’episodio, giustifica comportamenti, conseguenze e determina la nostra storia individuale, ma ci racconta solo che lo ha causato. Non il perché.
Ognuno di noi è comunque il prodotto, imperfetto e limitato, di una complessa sintesi, un piatto mai banale, ricco di molteplici ingredienti che, in diverse dosi e proporzioni, si è cucinato nel tempo, alla luce della casualità o, per chi crede, della volontà di un dio.
8 gennaio 2023 (Alfredo Laurano)
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