Solo un frugale pranzetto
familiare nella quieta campagna cerveterana, da Tiziana.
E allora, quale
migliore augurio, una scelta a riveder le teche dei tuoi momenti belli e
indimenticabili, velati di passioni antiche e sana nostalgia.
Un percorso di
emozioni, di pathos e batticuore.
I ricordi sono il profumo delle nostre esperienze, cartoline e
lettere firmate che abbiamo spedito al nostro futuro.
Luoghi, tempi,
sensazioni, impressioni, desideri, suoni, immagini, colori e sapori raccontano
la vita di ciascuno, attraverso un semplice click, uno scatto, un fotogramma. Perché
fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l'occhio e il cuore.
È un modo di vivere, secondo Henri Cartier-Bresson.
Sono ciò che rimane,
soprattutto quando col tempo la verità sfugge al presente, si
trasforma in passato e si proietta al futuro: gioia, dolore, ansie e trepidazioni
si vestono di commozione e diventano sogni, speranze, chimere o magnifiche
illusioni.
La vita e i sogni
sono pagine di uno stesso libro, diceva Schopenhauer, leggerli in ordine è
vivere, sfogliarli a caso è sognare.
Anche perché la vita
è bellissima! La vita è meravigliosa!
Anche se non ci
appartiene.
Ne siamo così certi,
soprattutto quando, come oggi e come è stato nei secoli, è messa in discussione
da uno sconvolgimento epocale e planetario che ci ricorda la nostra assoluta
impotenza? E non solo per la sua caducità e fuggevolezza, che ci costringe a
cercarne vanamente un senso.
Per qualcuno, certo
lo è, almeno nella forma e nella modalità sociale ed immanente, anche se
trattasi pur sempre di un transito, più o meno lungo: da quando si apre a
quando si chiude il sipario dell'apparizione sulla scena di un mondo del tutto
sconosciuto.
Ma la parte che,
inspiegabilmente e non per nostra scelta, siamo chiamati e costretti a recitare
in quel teatrino anonimo è comica o banale, brillante o drammatica, tragica o
all'italiana, assurda o come viene, secondo le inesistenti regole della
casualità.
Nel quotidiano
carosello dell'esistenza cerchiamo
a stento di colmare il vuoto nella nostra intimità, con le cose e i sentimenti,
che poi si trasformano in ricordi, nell'insensata illusione della immortalità. Tra miseria e nobiltà, tra amore e
odio, tra solidarietà e indifferenza, tra libertà e oppressione.
Non possiamo scendere
da questa assurda giostra spietata e disumana, dove tutto oscilla e tutto
contraddice, ma possiamo rinunciare ad averne titolo e cittadinanza. Siamo o
possiamo dichiararci prigionieri politici di un mondo che non ci appartiene.
Credo che non si
tratti di recite e di volubili scenari, ma di necessità biologiche e vitali.
Non scegliamo noi i nostri geni, la nostra presenza su quel palco, in un
ambiente che, sempre casualmente, ci condiziona ed è già apparecchiato ad arte,
da un dio o da un platonico demiurgo, prima del nostro insignificante arrivo.
Non brilliamo di luce
propria, ancorché variabile, come le stelle, né scegliamo una ribalta per
apparire: ce l'impone la natura, il cui disegno è affascinante, suadente, ma
pur sempre imperscrutabile.
Solo l'educazione e
la cultura ci aiutano nel difficile cammino e ci illudono di non essere solo un
invisibile granello nell'economia dell'universo.
Anche se, talvolta,
può sembrare salutare guardarsi dentro, scostando un po' il tendone personale
che ci veste, ci avvolge, ci comprime e ci nasconde, per scoprire, da
spettatori, l’effetto che fa, la tragicomica commedia della nostra stessa
esistenza.
Un famoso brano degli
anni sessanta recitava: "Han spento già la luce, son rimasto solo io e mi
sento il mal di mare, il bicchiere però è mio, cameriere lascia stare,
camminare io so. Guardo lassù la notte, quanto spazio intorno a me, sono solo
nella strada o no, qualcuno c’è?"
Ognuno, poi, si cerca
una risposta e decide che la vita, forse, è bella, bellissima, meravigliosa,
epica o gagliarda.
Ma inutile di fronte alla
cinica apatia dell’universo.
Auguri comunque e
nonostante tutto, felice di essere ancora con te, vicino a te.
11 luglio 2020 (Alfredo
Laurano)
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