Nega tutto, nega sempre,
nega anche e soprattutto l'evidenza.
Questa è il consiglio che
viene quasi sempre dato a chi abitualmente, o anche solo una volta, si trova a
tradire il suo partner ed ha la tentazione di rivelargli/le tutto.
Senza entrare nel merito
della moralità di tale approccio, questa sfacciata e fragile forma di difesa a
oltranza si fa sempre più largo in tutti i campi dell’agire umano.
Dubitare di tutto ciò che
ci circonda: sulla luna non siamo mai stati, i vaccini non fanno bene, anzi
fanno male, le scie degli aerei sono armi chimiche, l’undici settembre e le
Torri gemelle sono solo un film, il riscaldamento globale non esiste, come non
è esistita la Shoah, le persecuzioni razziali, i campi di sterminio.
Negazionismo oltre ogni limite, perché tutto farebbe parte di un grande inganno
collettivo, che va ben oltre la diffidenza e le perplessità di una virtuale,
ipotetica corrente di pensiero santommasista.
Allora c’è spazio anche
per chi crede che la terra sia piatta. Che le stelle si trovano a cinquemila
chilometri da noi, che l’Antartide non esiste, che il Polo sud non esiste, che
il Sole, più piccolo della Lombardia, gira sopra al Pianeta, che non ci sono
satelliti in orbita. E che la gravità è una forza che non c'è: benvenuti nel
fantastico mondo del terrapiattismo, l’inusitato movimento secondo cui la Terra
non è una sfera, ma un disco - ai cui bordi ci sarebbero i ghiacciai, che
impediscono agli uomini di sprofondare nello spazio sottostante - benché
tremila anni di osservazioni astronomiche, una marea di immagini dallo spazio e
il puro buon senso dicano il contrario. Un delirio antistorico e
antiscientifico.
Il negazionismo è una
corrente del revisionismo che, per fini ideologico-politici, rifiuta e
sconfessa fenomeni, non solo storici, accertati, negando contro ogni evidenza
il fatto stesso.
Non a caso, l’ultima
indagine Eurispes ha incredibilmente rivelato che gli italiani che negano
l’esistenza dell’Olocausto sono oggi il 15,6% della popolazione. Per costoro,
che amano minimizzare o distorcere i fatti avvenuti in quel periodo,
l’Olocausto non è che un mito, creato per fini personali dagli Alleati, dal
governo comunista dell’URSS e dagli stessi Ebrei.
Come questo sia possibile
– in un’epoca in cui ognuno di noi ha teoricamente accesso a milioni di fonti
di informazione, tra le quali le foto e i filmati dei lager, le camere a gas, i
forni crematori o delle condizioni di vita nel ghetto di Varsavia, le
testimonianze dei sopravvissuti, fino ai dettagli degli esperimenti di Menghele
sui bambini – non si può spiegare soltanto con la proliferazione delle fake
news.
Oltre ai libri di storia di ogni
tipo e autore, alle infinite pagine enciclopediche del Web, ai documenti, ai
reperti, ai resti e alle tracce fisiche e locali di memoria, possiamo
ragionevolmente ipotizzare che, almeno vagamente, i negazionisti abbiano
studiato a scuola il nazifascismo e i suoi terrificanti piani di pulizia
etnica.
Ma perché tanti dubbi e
diffidenza, perché tanto sconcertante scetticismo, tanto sfacciato cinismo? C’è
una possibile spiegazione razionale a tanta colpevole incredulità?
Secondo la rivista on
line Wired, il negazionismo non si radica nella non conoscenza, quanto piuttosto
nel desiderio di non sapere: negare è un meccanismo di difesa, che impariamo ad
attivare già quando siamo piccoli per proteggerci da pensieri ed eventi che ci
appaiono insostenibili o ingestibili.
Più precisamente,
parliamo di negazione quando una persona, per allontanare da sé dolore,
frustrazione e disagio, rifiuta più o meno coscientemente di riconoscere la
concretezza e la realtà di un fatto, o la provata fondatezza di
un’affermazione.
Negare lo sterminio
significa negare che italiani come noi abbiano collaborato significativamente e
convintamente alla deportazione degli ebrei ad Auschwitz o Mauthausen.
Sostenere che il racconto della Shoah sia una grande bluff c’entra più con il
desiderio di autoassoluzione che con l’ignoranza. Se nulla è successo, allora
nulla può nuovamente succedere.
Fa comodo, in un certo
senso, negarlo, perché permette di non guardare agli olocausti recenti, di cui
siamo tutti responsabili. In primis, quello che sta provocando la morte di
migliaia di uomini, donne e bambini davanti alle nostre coste.
Di dolore rinnovato ogni
giorno ha parlato anche Liliana Segre, commentando lo sconcertante rapporto
Eurispes, che ha rivelato che troppi italiani non credono all’Olocausto: "Sono una che l'ha vissuto e a queste
persone vorrei dire studiate la storia, informatevi, leggete quello che i
nazisti hanno prodotto e scritto e filmato”.
È necessario intervenire
con forza per arginare questa tendenza negazionista, non soltanto raccontando
ciò che è stato, ma scavando in profondità sulle ragioni che portarono molti
popoli d’Europa a chiudere gli occhi davanti all’orrore.
Abbiamo bisogno di
confrontarci tutti con le nostre responsabilità di italiani, di europei, di
cittadini: l’alta percentuale di negazionisti è davvero inquietante e nessuna
democrazia dovrebbe poterla tollerare. Dove abbiamo sbagliato?
3 febbraio 2020 (Alfredo
Laurano)
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