Mentre i presidenti di Camera e Senato si
sono ridotto da subito lo stipendio, molti nuovi eletti, con fare innovativo e
rivoluzionario, ingaggiano la guerra all’ultimo
scontrino per rendicontare spese, acquisti e pagamenti. E giustificare i
propri emolumenti.
Ma forse non tutti sanno che, a inizio
novecento, il combattivo socialista Pietro Chiesa da Sampierdarena, uno dei
primi operai eletto in parlamento e cofondatore della Camera del Lavoro di
Genova, non aveva i mezzi per mantenersi a Roma. I suoi compagni, portuali come
lui, con grande sacrificio raccoglievano denaro per consentirgli di vivere
nella città, pur di poterli
rappresentare adeguatamente.
No, non è una barzelletta. Anzi…. ce n’è
un’altra!
Il contadino deputato socialista Pietro
Abbo di Lucinasco (ma capitò anche ad altri suoi compagni di partito, compreso
lo stesso Turati), non disponendo del denaro sufficiente per pernottare a Roma,
usufruiva del cosiddetto “permanente”, rilasciato dalle Ferrovie dello Stato,
che gli consentiva di dormire sul treno Roma-Firenze, andata e ritorno, e di
rientrare la mattina presto, in tempo per l’apertura della Camera.
All’epoca, solo chi era benestante poteva
permettersi il lusso di sedere in parlamento. Finché, nel 1912, non fu
introdotta un’indennità parlamentare che, per non contrastare l’articolo 50
dello Statuto Albertino - “l’esercizio delle funzioni di senatore o deputato
non possono dar luogo ad alcuna retribuzione o indennità”, fu prevista come “titolo
di rimborso delle spese di corrispondenza”.
I
“patrioti missionari” Chiesa e Abbo poterono così rinunciare alla colletta dei
compagni e alla vita da dormiente pendolare.
Questi personaggi, che sembrano disegnati
con puro tratto deamicisiano e usciti dal libro
“Cuore” della cosa pubblica,
andrebbero raccontati nelle scuole di partito e a tutti i giovani che si
accingono all’impegno e alla militanza politica, con l’intento pedagogico,
proprio da libro “Cuore” – con il quale, peraltro, i nostri eroi condividono
anche il periodo storico di riferimento - di riscoprire la passione e le virtù
civili. Di rispolverare lo spirito di
sacrificio, il rispetto per le istituzioni e la solidarietà che, oggi, appaiono
ridicoli ammennicoli di un passato assai remoto e del tutto anacronistici.
E, soprattutto, di restituire alla politica
il suo più giusto e nobile significato di vocazione, lotta e partecipazione per
il bene di tutti, contro l’arrivismo, il tornaconto personale e le smanie di
potere.
Non è
romanticismo di maniera, ma un modo assai pragmatico, e un tantino rousseauniano,
per riavvicinare i giovani, i delusi, gli agnostici e gli indifferenti a
quell’arte che gente come Lusi, Fiorito, Belsito e “tesorieri
d’Italia uniti”, hanno offeso e reso ignobile al giudizio popolare.
11 giugno 2013 AlfredoLaurano
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