Questi sono delinquenti, farabutti violenti e criminali che si rifanno all'ideologia marcia del nazismo, per promuovere l'odio verso le minoranze.
Coltivano l'ultranazionalismo, il razzismo, la xenofobia, l'omofobia e l'antisemitismo. Vivono di miti aberranti, di simboli disgustosi e teorizzano ancora la superiorità della razza ariana
Non ci sono più parole per descrivere l’orrore nazifascista. Non, almeno, per le persone che coltivano nel loro cuore anche un pallido barlume di significato di “umanità”.
A tantissimi anni dall’Olocausto, dalle persecuzioni di un popolo e dei diversi, dalle deportazioni, dagli orrori dei campi di sterminio e distruzione, dalle leggi razziali del 1938, c’è ancora qualche infame che inneggia a quel sistema, a quell’ideologia della strage e della distruzione, a quelle camere a gas. Che giustifica il massacro, l’eccidio di Stato e di un potere, il genocidio compiuto da un popolo di assassini, guidati dal suo Fuhrer.
Sappiamo tutti che, oltre ai miserabili negazionisti di mestiere, che contraddicono ogni evidenza non solo storica, esistono in Italia, in Europa e nel mondo tanti gruppi e movimenti di naziskin e skinhead di assoluta fede fascista e neonazista, che coltivano quella forma di subcultura razzista e antisemita, che si esaltano in quei miti orribili, che usano simboli e metodi violenti e intimidatori, in particolare verso le minoranze etniche e religiose, gli omosessuali e i diversi in genere. Alcuni sono detti "teste d'osso" o "teste vuote".
O teste di cazzo, come quei bastardi schifosi che ancora oggi imbrattano muri e portoni con scritte farneticanti e svastiche che fanno inorridire: "27 gennaio giornata della memoria, ricordiamoci di riaprire i forni: ebrei, rom, sinti, froci, negri, comunisti ingresso libero". Oppure, “Qui abita un giudeo”, o “Crepa sporca ebrea”,
E non mancano i soliti insulti e minacce social a Liliana Segre, a partigiani, studiosi della shoah e oppositori politici.
Ieri è stata la giornata del pensiero, del pianto e della commozione, del ricordo e della conoscenza per chi sa, per chi sa poco o niente, per chi non sa o non vuol sapere.
E’ stata la giornata che ricompone l’idea di umanità, che le restituisce un senso, una dignità.
Il 27 gennaio del 1945 i soldati dell’Armata Rossa fecero il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz e liberarono i pochi prigionieri sopravvissuti, svelando al mondo l’atrocità e l’orrore della Shoah.
Dal 2000, l’Italia ha istituito, per legge, il 27 gennaio “Giorno della Memoria”, proprio per ricordare lo sterminio, ma anche coloro che, in campi e schieramenti diversi, si sono opposti a quella infamia e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati, con lo stesso coraggio di tanti altri testimoni, che hanno trovato in se stessi una forza incredibile, per superare quel dolore profondo e perfino “i sensi di colpa” per essere sopravvissuti ai propri genitori, ai propri fratelli e sorelle, parenti e amici che, caricati come bestie nei vagoni piombati, partirono dal Binario 21 di Milano o dalla Stazione Tiburtina di Roma. Senza più tornare.
“Calci, pugni, sputi e ci spinsero sui treni per Auschwitz. Era qualcosa che andava al di là dell’immaginazione più spaventosa. La gente piangeva, si disperava", ricorda Liliana Segre.
La conoscenza, lo studio e la cultura sono l'antidoto all'odio e all'intolleranza. Ma forse non basta: la libertà conquistata con la fine del nazifascismo va difesa tutti i giorni, con determinazione.
Quella lurida gentaccia, rinchiusa nella gabbia dell’ignoranza e che si rifà ai soli valori della crudeltà, della ferocia e della spietatezza, non merita di vivere insieme alle persone civili e solidali, in una comunità libera, insieme ad altre possibili vittime.
Deve essere emarginata, condannata, incatenata, per non dire eliminata o messa in condizione di non nuocere.
Anche per ricordare alle giovani generazioni, soprattutto quando non ci saranno più testimoni viventi di quell’abominevole mostruosità, che è possibile convivere senza discriminazioni e pregiudizi, cancellando feccia e inutile zavorra.
28 gennaio 2023 (Alfredo Laurano)