“Che, se n’annamo a Ostia? Fece il Riccetto,
“oggi sto ingranato”.
“Eh” fece
spostando su e giù tutti gli ossacci della sua faccia Alvaro.
“C’avrai
dupiotte, c’avrai...”
Pier
Paolo Pasolini, (Ragazzi di Vita)
Pochi
anni prima di essere ucciso Pasolini scrisse che l'Italia stava vivendo ''un processo di adattamento alla propria
degradazione''.
Oggi,
a tanti anni di distanza, non si può dire che quel processo sia concluso, ma
certo quelle parole risultano drammaticamente profetiche.
Intellettuale
vivace, intelligente e curioso, protagonista libero della vita sociale e
politica, artista multiforme, poeta, narratore, drammaturgo, regista
cinematografico, filologo, critico, giornalista e polemista - oggi diremmo tuttologo
vero - è stato un innovatore in vari spazi e generi culturali, anche grazie
alla sua vena polemica e provocatoria, frutto di una vita difficile,
contrastata e sofferta.
Aveva
colto, segnato e rappresentato un momento di profondo cambiamento della nostra
società, dalle antiche tradizioni contadine, al materialismo e alla violenza
del consumismo. Poi venne il globalismo.
Qualche mese fa,
vandali neofascisti di Militia hanno spezzato parti del monumento realizzato da
Rosati nel parco dell’Idroscalo di Ostia, dove Pier Paolo Pasolini fu
ucciso.
Hanno spaccato le lastre di marmo con incise le sue poesie; hanno rotto i
pannelli di vetro con i percorsi biografici; hanno lasciato sul prato
calpestato e distrutto uno striscione ingiurioso:
«Ma quale poeta e maestro: fu frocio e pedofilo, lui era questo».
La
sua eredità, ricca e articolata, cresce col tempo.
La
sua attualità, come scrisse il suo amico Gian Carlo Ferretti,
''riposa nella duplicità, nell'ambivalenza
drammaticamente esibita fra pubblico e privato, fra l'opera e l'uomo, fra la
pagina scritta e l'offesa quotidiana sopportata in pubblico e in pubblico
denunciata e urlata''. (Alfredo Laurano)
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