Questo governo delle larghe intese o, sarebbe meglio definirlo, delle “convergenti convenienze”, pur con qualche timido segnale di novità - non ci sono, all’apparenza, cariatidi o professionisti dell’inciucio - nasce sotto un duplice, possibile ricatto:
-Napolitano può sempre dimettersi, per stanchezza, per volontà o perché
gli rode “quassicosa”;
-Napolitano, dopo il blitz della
rielezione che gliene ha ridato facoltà, può sempre sciogliere le Camere, alla
prima utile occasione.
Nel primo caso, metterebbe a forte
rischio Berlusconi che potrebbe trovarsi di fronte a un
Parlamento, che nel frattempo si è magari pentito e
ricreduto (per esempio, con diversi equilibri fra PD e 5 Stelle), in
grado di esprimere un’altra potenziale, ripensata maggioranza, capace di
eleggere un nuovo Presidente - a lui ostile o non gradito - e di formare un governo di vero
cambiamento. Come non ha voluto e saputo fare oggi. Sarebbe per il
centro-sinistra un’altra imperdibile occasione, dopo il calcio di rigore
sbagliato a porta vuota nella ridicola partita fra scapoli e ammogliati
della politica, giocata in questi giorni, per vincere e disarcionare definitivamente il mai domo
cavaliere.
La seconda ipotesi manderebbe tutti al voto, con o senza nuova legge
elettorale e, ancora una volta, favorirebbe invece l’uccello sacro di
Berlusconi, l’araba fenice, pronto a rinascere miracolosamente dalle sue stesse
ceneri, grazie al fuoco e al provvidenziale ossigeno delle “larghe convergenze”
di Letta, o forse di latta, nate oggi.
E grazie anche ai consensi recuperati sulle sciagurate esibizioni di manifesta incapacità e di eterna divisione dei suoi avversari e sulla finta, opportunistica alleanza di facciata, pronta ad essere rinnegata all’occorrenza.
E grazie anche ai consensi recuperati sulle sciagurate esibizioni di manifesta incapacità e di eterna divisione dei suoi avversari e sulla finta, opportunistica alleanza di facciata, pronta ad essere rinnegata all’occorrenza.
Appena, cioè, non sarà più necessaria alla sopravvivenza e tutti
torneranno ad essere di nuovo “i soliti comunisti”.
Ovviamente, il voto anticipato penalizzerebbe e punirebbe i tanti cocci e
le malefatte del PD - diviso, sbandato e forse scisso nel frattempo - e anche
Grillo incasserebbe la sua cospicua parte.
Oltre alle eventuali scelte di
Napolitano, che non è detto debbano per forza verificarsi, resta, peraltro, anche
un’altra pesante incognita: la costante precarietà di questo esecutivo, legato
agli umori e agli interessi del Cavaliere che, come ha già fatto di recente con
il governo Monti, alla prima avvisaglia di pericolo - per esempio, una
eventuale legge sul conflitto di interessi (ormai, una barzelletta), sulla
corruzione, sull’ineleggibilità o su altro che potrebbe in qualche modo danneggiarlo
(in realtà, tutto quanto mai improbabile) - richiamerebbe le sue fedeli truppe
e farebbe cadere senza indugio questo governo di Letta (in tal caso, proprio di
“latta”) che tanto ha voluto e preteso oggi, per riesumarsi, rimontare e riproporsi
ancora, completamente rigenerato e vispo, sulla futura piazza elettorale.
Ma si può governare, ammessa pure ogni buona fede e la migliore volontà,
con un alleato così subdolo e inaffidabile che ti tiene ostaggio?
Si può legiferare liberamente quando sulla tua testa incombe minacciosa la
sua spada di Damocle, appesa al sottile filo del ricatto?
Quanto può valere e resistere
questa tossica Silvio-dipendenza?
27 aprile
2013 (Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento