Tantissimi ragazzi oggi indossano i jeans molto sotto al girovita, diciamo a mezza chiappa, lasciando ben in vista lo slip o il boxer d’ordinanza. E di slip, perizoma con filo interdentale e fantasiose mutandine se ne vedono spuntare, d’ogni tipo e foggia, soprattutto su pance, anche, sacro e natiche scoperte di sgraziate e acerbe ragazzine. Magre, grasse, lunghe o basse, magari con tatuaggi vari dappertutto e piercing in evidenza all’ombelico. Tutte con quel micro triangolino che dai jeans fa capolino.
Non importa se fa freddo, se c’è il sole oppure piove. La tendenza impone sacrifici, perché “chi bello vo’ apparì, ‘n poco ha ‘dda soffrì”.
Nei maschietti più alla moda, molto spesso, il cavallo del largo jeans semistrappato crolla quasi ad altezza ginocchio e le gambe, sfilacciate, senza orlo e cuciture, si arrotolano su alte scarpe da sport, aperte e senza lacci, e fanno da scopa ad ogni strada che puliscono camminando.
Mi domando: quanto sarà mai comodo, pratico e igienico un indumento così ridicolmente portato? A quale canone estetico si ispira o quale recondita armonia insegue e soddisfa?
Ovvia e scontata, la risposta: non importa, non fa niente, è fashion, è figo, E’ il trend del momento!
Ma non tutti sanno, e fino a poco tempo fa nemmeno io, che questa artistica tendenza sembra avere un’origine precisa e un suo significato.
Pare sia nata nelle prigioni degli Stati Uniti, dove alcuni detenuti pensarono di abbassarsi un po’ i calzoni della divisa carceraria, privi di cintura da regolamento, per comunicare, con inequivocabile messaggio, che volevano fare sesso con altri detenuti, senza farlo sapere però alle guardie carcerarie e subirne conseguenze. Quindi, mostravano un po’ di culo per invito, per segnalare agli altri la propria disponibilità .
Sulle strade, d’altro canto, trans e prostitute fanno altrettanto e scoprono sempre di più le loro grazie per richiamare clienti occasionali.
Chissà se i nostri fighissimi bragaloni, conoscendo il come e il perché di quest’usanza, rinnegherebbero il loro goffo, trasandato abbigliamento, rialzando il jeans ai fianchi e in zona più sicura, come s’addice a un vero macho, attento alla sua virilità.
Comunque, anche senza conoscere questa storia di richiami omosessuali, ricordo che nella nostra bella lingua, ricca di metafore, figure retoriche e modi di dire, ne esiste uno di indubbia analogia di senso e di sostanza: “calarsi le braghe” per indicare qualcuno che si arrende, che se la fa sotto, che non ha il coraggio di opporsi. Chi cede o si da a qualcuno. Proprio come quei detenuti americani.
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