Una disordinata folla di pensieri invade la
mia mente al suo risveglio, nel piacevole tepore del mattino. E proprio quando
sarebbe dolce poltrire tra le piumate coltri e il morbido cuscino, o ciondolare
senza meta tra il sogno e l’apatia, quel letto caldo, che ha ospitato il sonno,
non induce al trastullo e alla pigrizia, ma costringe all’afflizione e al
cruccio, al tormento dell’amara riflessione. Non ozio, quindi, ma fastidio e turbamento.
Sono pensieri anarchici, confusi e
scombinati, una ressa incontrollata di immagini
scomposte e senza tempo.
Con prepotenza esagerata, si affacciano, si
spingono l’un l’altro, si sovrappongono, stratificando. Sgomitano per
conquistare un posto in prima fila, per catturare il corto raggio di luce che
il faro dell’attenzione diffonde con avarizia: storie intime e private,
situazioni e incontri occasionali, volti e ricordi familiari, dell’infanzia,
della scuola, del lavoro, amori e riminiscenze del passato si alternano alla
difficoltà dell’essere, all’ansia del presente, alle paure del futuro, ai fatti
di cronaca che suscitano stupore, orrore e ripugnanza.
Questi flussi, che affollano la mente
quando nasce il giorno - oppure, in qualche caso, quando muore - inseguono il
ciclo dell’attualità, cercano nuove identità e spazi alternativi, che
trascendano i rigidi tempi della storia, le date e i luoghi che li hanno
generati.
Pretendono di essere riconosciuti,
ripensati e rivissuti in un ruolo di inedita realtà, ricattando il loro custode
tesoriere con la forza poderosa del ricordo. E, soprattutto, rilanciano le
consuete domande sui tanti perché dell’esistenza.
Nasce
un ingorgo inestricabile di sensazioni indefinite che intasa la ragione. Con
fatica, cerco di controllarle e riallinearle nelle apposite caselle.
Mi capita da tempo trovarmi a governare la
bagarre, questa disputa rissosa di impressioni e fantasie che congestiona
l’intelletto e mette a dura prova la coscienza.
Occorre scegliere un percorso d’ordine,
stabilire delle priorità: ora penso a questo… poi a quest’altro… poi ancora a
quello… e scoprire, o meglio inventare, una credibile risposta a quelle domande
impertinenti e al pessimismo. Una risposta che non sia retorica, accademica e
consolatoria.
Ma come vincere la crisi di sconforto che
subito ti assale? Dove trovare l’aiuto necessario a siffatta impresa solitaria?
O un sostegno concreto a quel tentativo di gerarchia mentale, smentita,
umiliata e contraddetta dalla tirannia del dubbio e del dilemma? Come
riaffermare la supremazia della ragione?
Forse bluffando. O rinnegando, per
compromesso o occasionale convenienza, l’evoluzione delle idee e dei principi
civili, naturali, filosofici e scientifici che rischiarano la mente umana
dall’età dei lumi.
A volte, sulle ali del sogno e dell’utopia,
provo ancor adesso - in età più che matura - a cercarlo nel domani, nell’attesa
di miracolistiche soluzioni.
Ma non basta cavalcare con fiducia la
teoria della speranza. Inesorabilmente, quella spiraglio astratto, quel rimedio
prodigioso cade al primo accenno di volo, sotto il peso perentorio dell’innato
scetticismo: ennesima vittima designata dell’illusione che colpisce chi insegue
la chimera.
L’oggi è ancora peggio: caduco, effimero,
brutale e privo di certezze e di valori.
La
nostra società si nutre e si corrompe di profitto, si esalta nella tecnologia e
si esprime nella cinica competizione. Si consuma in tutta fretta nella
violenza, nell’odio razziale e nella globale indifferenza. Discrimina, separa e rottama i sentimenti e
le persone.
Non resta che cercare in ciò che veramente
ci appartiene e che nessuno ci potrà togliere o modificare. Tra le pagine della
nostra storia personale, si può forse recuperare, in tutto o in parte, il
buono, il bello ed il pregevole di quel che
abbiamo vissuto e realizzato.
Un fatto, un’esperienza, un valore, un
momento importante della vita possono diventare un collegamento ideale, ma
reale, a quei pensieri ingombranti, di cui ho fin qui parlato, che vogliono
riappropriarsi di rinnovata dignità.
E proprio in quel passato, che il tempo ha
nobilitato, vive qualche solida certezza che ci conforta e non ci abbandona
mai. Che induce spesso una certa nostalgia, ma consolida la forza per
contrastare la precarietà dell’esistenza e l’ eventuale senso che non ha.
E invita anche, con prudenza e una certa
discrezione, a coltivare almeno un po’ di misurato ottimismo della volontà.
10 marzo 2014 AlfredoLaurano
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