giovedì 11 ottobre 2012

TI RICORDI QUANDO...

  ....colori, profumi e sapori di un tempo

Nelle case non c’era il frigo e la TV. Né lavatrice, né riscaldamento, né videotape e forno a microonde.  
Non c’ era Ikea, né supermercati, le multisale e i Centri Commerciali.
Il bucato si faceva a mano, col sapone, nelle grandi vasche dei terrazzi  e ai lunghi fili al sole si stendeva.  
Alla radio a valvole, in cucina, la sera si ascoltava Nilla Pizzi e il Festival di Nunzio Filogamo:  “Miei cari amici vicini e lontani, buona sera ovunque voi siate! ….”Grazie dei fior, Vola colomba, Papaveri e papere, i grandi successi musicali.  Carla Boni, Gino Latilla, Achille Togliani, il Duo Fasano, Giorgio Consolini, con  la grande orchestra di  Cinico  Angelini, i cantanti più amati e popolari.



La spesa si faceva tutti i giorni, al mercato o alla bottega sotto casa.  La pasta, il riso, lo zucchero  e i legumi  si compravano sfusi ad etti dal droghiere. Non c’era confezione.  Con la paletta cava,  dai grandi  sacchi a terra allineati o dai cassetti  a vetro sotto gli scaffali, la merce lui prendeva e la pesava sul foglio azzurro con cui  te l’incartava.
Il ghiaccio, a blocchi lunghi più di mezzo metro, si ordinava dal vinaio che, su uno straccio a spalla, a casa  ti portava e nella ghiacciaia in legno  ti metteva.
L’ascensore, quando c’era, aveva la chiave e funzionava con la gettoniera. La monetina delle cinque lire a un filo per risparmio si legava e dopo lo scatto si recuperava.
Telefonare non sempre era possibile perché  col duplex – a canone ridotto -  la linea era occupata,  finché la tua vicina, di fatto e di contratto, a lungo chiacchierava e di te se ne fregava.  Per chiamare fuori, in teleselezione, dovevi  prenotare  e attendere  parecchio, oppur  fissare l’ appuntamento a orario, chiamando il centralino della SIP.  Qualche  volta, per  bisogno,  l’ inquilino della porta accanto ti chiedeva per  favore di poter telefonare,  perché alcuni  nel palazzo non avevano l’impianto.

A Natale,  qualche parente dormiva a casa tua per far le feste insieme,  i dolci e le frittelle. Il gran cenone, la tombola di rito e il setteemezzo  legittimo reale.  E nella lunga e attesa notte dell’Epifania  si stava a letto svegli, nel silenzio, finché  non si percepiva, dai passi o da un fruscio, che finalmente la magica vecchina era arrivata!  Zitta e premurosa, e senza  “scarpe rotte”,  sotto la cappa i suoi regali con cura  apparecchiava. Poi, senza far rumore, a piedi scalzi e al buio, si andava quatti quatti a controllare cos’era stato messo nella calza o in qualche  grande  pacco posto  accanto.  Senza scartare nulla, frenando l’emozione e il cuore in gola, al tatto si intuiva il più bel dono.  Felici e soddisfatti,  si prendeva sonno  ed al mattino tutto si svelava, con gioia vera  e candido stupore:  ecco il “meccano”, qualche soldatino, un treno a molla, lo zucchero- carbone…..Viva, viva la Befana!



Era una festa vera in quel momento, perché durante l’anno   non si comprava certo come adesso ,  se non per caso raro o in occasione di qualche compleanno.   
Tra i ricchi banchi della “Rinascente”, a volte capitava.  Dopo  sofferta e lunga scelta  fra tutti quegli esposti,  con occhio al prezzo e tanta indecisione,  tornavi a casa  con un bel, ma  solo pupazzetto: un  semplice cowboy, senza cavallo,  ma sempre  soddisfatto e  assai contento!

Una volta al mese, veniva, sempre gaio e  sorridente, il barbiere coi baffetti a domicilio; col “motom” e la borsetta. Tagliava i capelli corti corti, sfumatura  col rasoio, a tutti i maschi di  famiglia, scherzando e raccontando barzellette ed i fatti del quartiere.                                       
Quando lavorava nella sua bottega,  all’inizio di corso Vittorio, Gino, il barbiere a domicilio, affilava le sue lame sulla coramella e le puliva dal sapone da barba sulle schedine del Totocalcio.  Ai  suoi migliori e più assidui clienti, regalava i profumatissimi calendarietti  con  belle signorine, ammiccanti  e un po’ svestite, legati con  sottile colorato cordoncino.

                    
Tutte le mattine passava il “monnezzaro”, con il grembiule  grigio ed il berretto.   
Di piano in piano,  davanti alla tua porta  a mani nude,  il secchio dei rifiuti  ti svuotava  nel grande sacco che portava in spalla. 
Tutti i bidoni della spazzatura avevano per fodera i giornali e i liquidi colavano abbondanti.  Quando arrivava sotto, a fine della scala,  quel sacco era stragonfio e assai puzzava. Il povero spazzino piegato su se stesso!
Dopo la scuola, in strada si giocava. A “nizza” o coi “boccini” e anche a “fognetta” coi tappi della birra o d’aranciata.   
E se qualcuno veniva col  pallone,  proprio all’incrocio grande del viale   “si faceva a passaggi ”,  fermandosi soltanto  quando una macchina lontano compariva. 
A volte, vincendo la paura,  “si faceva a bande” contro i cattivi fratelli Ciccolini, coi sassi, con le fionde ed i bastoni, nascosti tra i vialetti ed i portoni. E tra le armi previste in dotazione, c’erano pure le “cerebottane”  in plastica, con le mollette stendipanni  a mo’ di manico e mirino, per lanciare a fiato i “cartoccetti”, coni di carta liscia, a calibro perfetto. 
Sembrava la via Pal la nostra strada, tra fughe,assalti ed atti di coraggio. Ci si batteva per l’onore e contro ogni prepotenza.

In tempo d’elezioni, nelle piazze si facevano i comizi. Sopra un camion imbandierato o un palchetto improvvisato. Molto spesso l’oratore non parlava a una gran folla e quasi mai la polizia presidiava quell’evento, salvo i casi in cui il politico era noto e assai  importante.    Incollati sopra i muri e sui pannelli di lamiera,  manifesti elettorali  senza facce o busti  in posa: solo nomi , con i simboli e i partiti. Qualche macchina girava, col megafono sul tetto, annunciando data, ora e luogo  del comizio o  facendo propaganda con gli slogan di quei tempi : ….. “per la giustizia, il lavoro e l’uguaglianza  vota e fai votare il Partito Comunista Italiano”; .. “per difendere chiesa, famiglia, il futuro dei tuoi figli vota  Democrazia Cristiana, Scudo crociato!”  Poi finalmente si andava a votare e vinceva sempre la DC.




In aprile o il 1°maggio ed a pasquetta,  si faceva qualche gita fuori-porta. Con amici o con parenti in comitiva e la seicento. Pranzo a sacco e sedie e tavolino sotto braccio. Le fave e il pecorino, due calci ad un pallone, poi  briscola e tressette: i ragazzini accanto ai grandi ad imparare. Calato il sole, a casa si rientrava, felici di quel poco che tanto era sembrato…

E  d’estate,  tutti al mare. Alcune volte ad Ostia, altre a Fregene. Un lungo bagno, un po’ di sole e pizza bianca del fornaio;  un castello fatto ad arte, fino all’ora di pranzare.
Si mangiava, con gran fame, tutti  sotto l’ombrellone: cannolicchi al pomodoro, profumati di basilico, parmigiana o gli involtini,  uova,  tonno  e patatine.  Tutto pronto e cucinato già alle cinque del mattino. Sotto sabbia, in una buca, rinfrescava insieme al vino, il cocomero d’agosto.   
Quei sapori e quegli odori ti riempivano il respiro e  l’arietta della spiaggia completava la magìa.





A volte, si partiva per andare, qualche giorno, al paese,  giù dai  nonni.                    
Nei treni c’era la terza classe, con i sedili rigidi di legno. 
La vecchia affascinante littorina e la locomotiva nera che sbuffava.  Col fumo bianco  e gli stantuffi, assai  fischiava. 

Se si viaggiava in auto, con la mitica giardinetta o il belvedere, si partiva all’alba con i tanti bagagli, il thermos ed i panini e, a lente tappe, a fine giorno quasi, si arrivava.                
Non c’era l’autostrada,  si andava piano e molto spesso nei paesi si sostava.
Giunti finalmente alla meta,  la festa era grande!   
I tanti vecchietti della famiglia venivano incontro a braccia protese, davvero contenti. Con baci ed abbracci e sorrisi sinceri.  Anche qualche curioso, adulto o bambino, si avvicinava lì in piazza  a rendere omaggio, per poi riferire ai propri parenti la nuova del giorno:  chi era arrivato dall’ eterna città!      


All'avvenimento, faceva da sfondo il Castello Normanno! Maestoso e imponente, appariva in tutte le foto e in ogni filmino. 
La casa era grande,  tre piani e soffitta ed  ogni balcone, che affacciava su piazza,  guardava negli occhi il maniero di fronte.  
Nei giorni a seguire, si andava a trovare un amico o un lontano cugino, a visitare l’antica Abazia e soprattutto alla vigna, dove lo zio dai gran  baffi bianchi curava i suoi vini, le piante e la frutta, i fiori e i viali.  
A piedi, era lungo il ritorno la sera,  la strada a selciato romano un po’ tanta. Tra lucciole e more, profumi e silenzio…  finalmente il paese, la cena ed il letto!


Per qualcuno c’era pure la Colonia,  solo a pochi riservata, per far quindici giorni di mare fuori casa e senza genitori. Per imparare a star da soli e insieme ad altri,  a farsi il letto e ad organizzarsi. 
Tutto in piena autonomia. Con gli slip e le magliette cifrate nel sacchetto e qualche lacrima la sera dentro il letto. Il giorno cominciava molto presto: la fila ai bagni con l’asciugamano, al refettorio per la colazione, con pane e latte senza marmellata. L’alzabandiera al suono della tromba, poi tutti pronti per la passeggiata. 
In fila per tre, al bordo della strada,  marciando e canticchiando  fino  alla spiaggia, che assai era lontano dall’ostello. A mezzogiorno in punto, sudati si rientrava. Come all’andata, sempre e ancor cantando, ma solo più incazzati e un po’ più stanchi.  
Ai  pasti, nei piatti un po’ abbozzati di metallo, c’era la pasta a pranzo e, a sera, la buona minestrina. Se ti prendeva un po’ di nostalgia, due righe di racconto di quei  giorni, scritte veloci sulla cartolina paglia (postale), coi baci ed i saluti da quel mare e il desiderio vivo di  tornare.
A un certo punto,  la rivoluzione!   Venne la televisione!                              
Naturalmente,  un solo canale  in bianco e nero,   pochi  programmi  a orari definiti,   e un palinsesto scarno:  “Il Musichiere”, “Campanile sera”, Telematch,  con la sua orecchiabile e intrigante musichetta.   
Alle cinque, tutti i giorni, coi compiti già fatti a condizione, aveva inizio  la TV dei Ragazzi che dava un  telefilm.    
Non si perdeva mai  Penna di Falco o  il cane Rin Tin Tin, col piccolo e paffuto caporale “Rusty” e il bel luogotenente Masters  del Settimo Cavalleggeri!


Dopo il TG,la sera era concesso solo Carosello, con Calimero e l’Ispettore Rock, Angelino  e Stock 84, Ulisse e l’ombra, L’omino con i baffi… Poi tutti a nanna senza fare storie. 
Unica eccezione il giovedì alle 21, quando si usciva per andare dagli amici di famiglia a vedere ”Lascia o raddoppia” che molti cinema, per non perdere spettatori, trasmettevano nell’intervallo del film, predisponendo un televisore su carrello,  al centro della sala. Oltre, naturalmente, a tutti i bar del quartiere. 
E il giorno dopo, solo di questo si parlava…


Ma non c’era solo la televisione.  I “giornaletti”  all’epoca più amati erano  Tex,  Capitan Miki,  Kit Carson, il Grande Black e l’Intrepido. Raramente si compravano in edicola e molto spesso si giocavano a carte coi compagni o si scambiavano come i doppioni delle figurine Panini: le squadre e i calciatori, gli animali, la Storia e le battaglie; e quelle rare che quasi mai trovavi,  le ambite  doppie o multiple, piegate in quattro o più facciate. Non erano, però, certo adesive e con la coccoina sull’album le incollavi. Inebriandoti d’odore…

La domenica mattina si andava a messa, obbligatorio, e in sacrestia poi ti davano un maritozzo dolce e profumato e un formaggino di para-cioccolato.  
Ma se l’attento  prete non ti vedeva in chiesa,  niente Oratorio e  campo di pallone per tutta quella settimana. 
Era un ricatto,  ma non lo sapevamo!

Intanto a  casa, si preparava il pranzo della festa, col ragù che dal mattino lento ribolliva e con l’abbacchio e le patate, nella teglia, che al forno più vicino si portava e all’una circa, poi, si riprendeva.  Nelle scale d’ogni condominio  e tra le porte degli  appartamenti,   si mescolavano  gli effluvi  di cucina.  Era facile capire  quale piatto nelle case si mangiava. “So’ fettuccine al sugo….  so’ peperoni al forno!.…  questa è la cacciatora…. e queste so’ melanzane alla parmigiana”!  E l’acquolina già ti macerava!





Assai di rado, se c’era un’occasione o qualche ricorrenza, si andava in trattoria o nella pizzeria del quartiere. Più spesso, si compravano alla rosticceria  pizze e calzoni, supplì e crocchette e si divoravano, fumanti nel cartoccio, ai tavoli della vicina, antica birreria. Lì si ordinava  birra fresca e gazzosa. Una goduria per occhi, naso e palato. Un vero sballo!

Un po’ più avanti, fatta la scoperta, si cominciò ad andare a Monte Mario, sopra lo stadio, a vedere da lontano  la partita. 
Si saliva al primo o al secondo spiazzo insieme a tanti, lungo un sentiero che col via vai si era formato. Alcuni, addirittura, s’arrampicavano  sugli alberi più alti. Quando mancava un po’ alla fine dell’incontro, di corsa si scendeva  giù dal monte e nello stadio - che apriva i suoi cancelli per l’uscita -  si entrava a frotte, emozionati, per seguire da vicino le ultime fasi, ma soprattutto i propri beniamini:  Da Costa e Manfredini, Lojacono  e Angelillo,  Losi,  Guarnacci …e la magìa di suoni e di colori.  Poi tutti a casa, alle 19, con ansia  si aspettava alla TV  un tempo registrato di una partita di quel giorno,  con la speranza che fosse della Roma.  Ma quasi sempre, chissà perché …c’era la Juve!

Per vedere da vicino le gemelle Kessler, da poco arrivate in Italia, si aspettava a lungo davanti ai cancelli della Rai di via Teulada.  Erano altissime, bellissime e gentili con tutti. Sorridevano sempre e firmavano autografi, dediche e fotografie.  
Quando sulle riviste  si trovava un’immagine di avvenenti dive e donne affascinanti, si ritagliava e si conservava tra le pagine dei libri o sotto il tuo cuscino. 
Turbavano i tuoi sonni e la fantasia, queste icone eteree e sensuali.  
Sembravano divine ed irreali. Assai  lontane dal tuo mondo!



Per il cinema, c’era sempre la Sala Pallottini, dove si andava con amici per vedere film in costume o d’avventura, con Ercole e Maciste contro tutti e belle imperatrici un po’ discinte. O Zorro, Lassie, Tarzan ed i pirati di Capitan Uncino.. Ma soprattutto per  gustare le prime sigarette in libertà,  nel buio della sala, che molto presto di fumo si riempiva.  
Prima di far rientro a casa, tante golia e un pacco di mentine  per togliere l’odore dalla bocca. 



La mattina, al tabaccaio, si compravano tre Giubek con filtro sfuse, in piccola bustina, a 15 lire, e si fumavano prima e dopo la scuola e una a ricreazione in bagno. Oppure, se era il caso, la sera tardi si “prelevava” un’Astor  o una Serraglio dal pacchetto di papà.


Al Principe e al Volturno c’era l’Avanspettacolo.  Ma prima  il film, finito il quale, tutti si alzavano e correvano davanti, in prima fila per veder più da vicino. C’erano i comici ed il presentatore,  qualche cantante ed il prestigiatore che, come nei  film del magico Fellini,  venivano fischiati e apostrofati  perché toglievano spazio alle donnine:  “Nun ce fai ride”.. “Vattenee!”…“T’ho detto d’annattene”…”Mannace  tu sorella!”... 
E finalmente, riapertosi il sipario, ecco le ballerine “ in carne” e l’attesissima soubrette del cartellone!   Costumi provocanti e un po’ succinti,  movenze e passi sempre sculettanti, sorrisi e baci a tutti in passerella. L’orchestra in buca  incalza il ritornello e aumenta forte il tempo nel finale...


Non si andava  in  discoteca.  
Le “feste da ballo” si facevano in casa, di solito il pomeriggio del sabato, nella casa di chi aveva più disponibilità di spazio e di autonomia familiare.
Si invitavano compagne di scuola e qualche  amico di altri amici. Si organizzava un piccolo rinfresco con pizzette, panini e coca cola a buffet e tante sedie intorno alla stanza. Qualcuno si occupava, a turno, di cambiare i dischi,  discutendo spesso sulla musica più adatta al momento: “metti un lento...no, vai  col twist o l’hully gully.. facciamo un cha cha!”  
Le ragazze, spesso, si facevano pregare per ballare. Parlottavano  fra loro, tra sguardi fugaci e al volo distolti, studiando  sottili tattiche o nuove strategie per  farsi conquistare.  
Poi , se i genitori più “moderni” uscivano,  per comprensione,  per scelta propria o dietro qualche  insistenza, con atto audace e proditorio, si  spegneva la luce della stanza….

                                                                    


E si consumava il frutto della trasgressione!  Nascevano così, i primi amori. I desideri, le conflittualità di sentimenti e le complicità.  Passioni, pene e gelosie di adolescenti timidi e imbarazzati, e a volte un po’ o assai imbranati. Le classiche “cotte” da “Tempo delle mele.”


Con l’avvento dei Beatles, scoppiò tra i ragazzi  l’interesse e la manìa  per la musica dal vivo. 
Moltissimi cominciarono a suonare uno strumento, a creare piccoli gruppi, per lo più autodidattici, che si esibivano alle feste importanti o nelle “cantine” trasformate in dancing o locali di intrattenimento.  

“Le Cantine”: liberi spazi musicali  di autonomia, di  gioco, di ballo e di incontri amorosi e paraculturali; allestite  alla meno peggio con il  solo lavoro di amici e volontari e arredate  con mobili, oggetti e materiali di recupero.  Senza licenze o permessi regolari  e senza alcun rispetto di  norme di salute e sicurezza. 
Chi se lo poteva permettere e gestiva un po’ di grana, comprava una chitarra, un microfono e  qualche pezzo della batteria, anche usato. Spesso a piccole rate mensili. 





L’importante era suonare!   
Suonare e  provare.  Si studiavano i pezzi e lo spartito, si preparava il vasto repertorio. Proliferavano e si moltiplicavano  “complessi”, cantanti  e musicisti; alcuni anche a livelli superiori e di professionismo vero, con gran seguito di fan e di ragazze del clan!  
Contratti nei locali, tournè d’estate, concorsi ed audizioni.
 

Dal tempo delle mele, al tempo del lavoro!   
Dopo la maturità, si cercava qualche lavoretto occasionale per racimolare qualche lira ed essere sempre più indipendenti.  Il venerdì e il sabato al botteghino del lotto, la domenica alle 17 a spogliare pacchi e pacchi di schedine, nella sede del Totocalcio a Ponte Milvio, subito dopo la fine delle partite. Molti provavano le vendite porta a porta,  quasi sempre chiuse in faccia,  di libri ed enciclopedie.




Qualcuno, più fortunato, trovava un lavoro vero e più serio; “s’impiegava”, e  comprava subito la cinquecento con i sedili ribaltabili.  La sera, passava al bar  “a lavà” con gli amici…. 
Altri, all’università, rinviavano il servizio di leva e prendevano coscienza. 
Si avvicinavano alla politica, alle battaglie ideali e si preparavano  alla contestazione del potere borghese e di ogni forma di autoritarismo. Stava premendo il '68.

La vita di quegli anni scorreva semplice e tranquilla.                                                           
Ci si accontentava di poco e non si pretendeva molto. Unico vezzo o quasi, le camicie su misura di Letizia, coi colli tondi di ricambio e il passante in stoffa sotto il cavallo. 

La domenica mattina  ci s’incontrava  al bar, con l’abito elegante: giacca alla Beatles a quattro bottoni e spilla al colletto sotto la cravatta. Ai piedi, il mezzo stivaletto color cuoio o il mocassino inglese di rigore. Oppure, a turno, ci si appartava con la propria ragazza nella intimità della Cantina vuota, chiusa e silenziosa, nella stanza predisposta dell’amore…!    


Poi, tutto diventò più complicato: il consumismo prese il sopravvento e anche il superfluo divenne un’esigenza! 
Ma non per tutti.  Qualche ideale guidava certe scelte e posizioni. Chi  ripudiava mode e  beni materiali,  prese a lottare contro il privilegio con l’eskimo, la barba e El Che Guevara.  

Allora si credeva nel futuro e nella mente un grande sogno si cullava. La “fantasia al potere” si voleva, l’idea di un mondo nuovo si inseguiva.
Quel mondo ormai distante, oggi è sparito. Si è globalizzato. 
Uomini e lavoro migrano lontano, in cerca di fortuna, di pane e dignità. Fuggendo dalla guerra, dalla fame, da miseria e malattie. Ma nel ricco e opulento occidente, non trovano accoglienza, né solidarietà. Niente diritti ma “sano” razzismo e tanto sfruttamento.
Rispetto a ieri, tutto è peggiorato.  
Ciò che era puro è sempre più inquinato! 


                 
Non c’era molto, è vero, ma nemmeno  gli ogm, l’aids e le troppe polveri sottili. Il riscaldamento del pianeta, le guerre del petrolio e di “mondezza”, la mucca pazza e le pecore clonate. 
   
Non c’era ancora il telefonino e chi spediva mille  messaggini. Niente  play-station, pay-tv, plasma, led, lcd, i-pod e ambiente digitale.  
Si navigava in mare e non sul Web. 
Non c’erano veline, tronisti, escort e ruffiani di Palazzo; isole famose e grandi fratelli. 
Lo share, il televoto, i quotidiani sondaggi sul niente o su cazzate. Il gossip, le finte risse e gli insulti in TV e ai magistrati; gli indici di ascolto, le leggi ad personam, i bamboccioni, la fuga dei cervelli per trovar lavoro. Il tanto spreco di cibo, di ostentato lusso e di parole!
Ma, soprattutto, non c’ era Berlusconi.….   
2 aprile 2010  (Alfredo Laurano) 
    Ieri...






    Oggi...                                                                  

O



 

2 commenti:

  1. Come sempre Alfredo ha superato se stesso con questo blog è veramente stupendo e pieno di sentimento e foto che rilasciano grandi emozioni BRAVO BRAVO BRAVO un bacione LIBORIO

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  2. Grazie amico Liborio, la tua sensibilità ti rende persona speciale, ricca di buoni sentimenti e di forte spiritualità, a prescindere da ogni e qualsiasi considerazione personale, politica, sociale e religiosa. Sei una persona sincera e pulita come poche e, pertanto, degna di stima e di affetto. Alfredo

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