Nelle case non c’era il frigo e la TV. Né lavatrice, né riscaldamento,
né videotape e forno a microonde.
Non c’ era Ikea, né supermercati, le multisale e i Centri Commerciali.
Non c’ era Ikea, né supermercati, le multisale e i Centri Commerciali.
Il bucato si faceva a mano, col sapone, nelle grandi
vasche dei terrazzi e ai lunghi fili al
sole si stendeva.
Alla radio a valvole,
in cucina, la sera si ascoltava Nilla Pizzi e il Festival di Nunzio Filogamo: “Miei cari amici vicini e lontani, buona sera
ovunque voi siate! ….”Grazie dei fior, Vola colomba, Papaveri e papere, i grandi successi musicali.
Carla Boni, Gino Latilla, Achille
Togliani, il Duo Fasano, Giorgio Consolini, con la grande orchestra di Cinico
Angelini, i cantanti più amati e popolari.
La spesa si faceva tutti i giorni, al mercato o alla
bottega sotto casa. La pasta, il riso,
lo zucchero e i legumi si compravano sfusi ad etti dal droghiere. Non c’era confezione. Con la
paletta cava, dai grandi sacchi a terra allineati o dai cassetti a vetro sotto gli scaffali, la merce lui
prendeva e la pesava sul foglio azzurro con cui te l’incartava.
Il ghiaccio, a blocchi lunghi più di mezzo metro, si
ordinava dal vinaio che, su uno straccio a spalla, a casa ti portava e nella ghiacciaia in legno ti metteva.
L’ascensore, quando c’era, aveva la chiave e funzionava
con la gettoniera. La monetina delle cinque lire a un filo per risparmio si
legava e dopo lo scatto si recuperava.
Telefonare non sempre era possibile perché col duplex – a canone ridotto - la linea era occupata, finché la tua vicina, di fatto e di
contratto, a lungo chiacchierava e di te se ne fregava. Per chiamare fuori, in teleselezione, dovevi prenotare e attendere
parecchio, oppur fissare l’
appuntamento a orario, chiamando il centralino della SIP. Qualche
volta, per bisogno, l’ inquilino della porta accanto ti chiedeva
per favore di poter telefonare, perché alcuni nel palazzo non avevano l’impianto.
A Natale, qualche
parente dormiva a casa tua per far le feste insieme, i dolci e le frittelle. Il gran cenone, la
tombola di rito e il setteemezzo legittimo reale. E nella lunga e attesa notte dell’Epifania si stava a letto svegli, nel silenzio, finché
non si percepiva, dai passi o da un
fruscio, che finalmente la magica vecchina era arrivata! Zitta e premurosa, e senza “scarpe rotte”, sotto la cappa i suoi regali con cura apparecchiava. Poi, senza far rumore, a piedi
scalzi e al buio, si andava quatti quatti a controllare cos’era stato messo
nella calza o in qualche grande pacco posto accanto.
Senza scartare nulla, frenando l’emozione e il cuore in gola, al tatto
si intuiva il più bel dono. Felici e
soddisfatti, si prendeva sonno ed al mattino tutto si svelava, con gioia
vera e candido stupore: ecco il “meccano”, qualche soldatino, un
treno a molla, lo zucchero- carbone…..Viva, viva la Befana!
Era una festa vera
in quel momento, perché durante l’anno
non si comprava certo come adesso ,
se non per caso raro o in occasione di qualche compleanno.
Tra i
ricchi banchi della “Rinascente”, a volte capitava. Dopo
sofferta e lunga scelta fra tutti
quegli esposti, con occhio al prezzo e
tanta indecisione, tornavi a casa con un bel, ma solo pupazzetto: un semplice cowboy, senza cavallo, ma sempre
soddisfatto e assai contento!
Una volta al mese, veniva, sempre gaio e sorridente, il barbiere coi baffetti a
domicilio; col “motom” e la borsetta. Tagliava
i capelli corti corti, sfumatura col
rasoio, a tutti i maschi di famiglia,
scherzando e raccontando barzellette ed i fatti del quartiere.
Quando
lavorava nella sua bottega, all’inizio
di corso Vittorio, Gino, il barbiere a domicilio, affilava le sue lame sulla coramella
e le puliva dal sapone da barba sulle schedine del Totocalcio. Ai
suoi migliori e più assidui clienti, regalava i profumatissimi calendarietti
con belle signorine, ammiccanti e un po’ svestite, legati con sottile colorato cordoncino.
Tutte le mattine passava il “monnezzaro”, con il grembiule grigio ed il berretto.
Di
piano in piano, davanti alla tua porta a mani nude,
il secchio dei rifiuti ti svuotava
nel grande sacco che portava in spalla.
Tutti i bidoni della spazzatura avevano per fodera i giornali e i liquidi
colavano abbondanti. Quando arrivava
sotto, a fine della scala, quel sacco
era stragonfio e assai puzzava. Il povero spazzino piegato su se stesso!
Dopo la scuola, in strada si giocava. A “nizza” o coi
“boccini” e anche a “fognetta” coi tappi della birra o d’aranciata.
E se
qualcuno veniva col pallone, proprio all’incrocio grande del viale “si
faceva a passaggi ”, fermandosi soltanto quando una macchina lontano compariva.
A
volte, vincendo la paura, “si faceva a
bande” contro i cattivi fratelli Ciccolini, coi sassi, con le fionde ed i
bastoni, nascosti tra i vialetti ed i portoni. E tra le armi previste in
dotazione, c’erano pure le “cerebottane”
in plastica, con le mollette stendipanni
a mo’ di manico e mirino, per lanciare a fiato i “cartoccetti”, coni di
carta liscia, a calibro perfetto.
Sembrava la via Pal la nostra strada, tra
fughe,assalti ed atti di coraggio. Ci si batteva per l’onore e contro ogni
prepotenza.
In tempo d’elezioni, nelle piazze si facevano i comizi.
Sopra un camion imbandierato o un palchetto improvvisato. Molto spesso l’oratore
non parlava a una gran folla e quasi mai la polizia presidiava quell’evento,
salvo i casi in cui il politico era noto e assai importante.
Incollati sopra i muri e sui
pannelli di lamiera, manifesti
elettorali senza facce o busti in posa: solo nomi , con i simboli e i
partiti. Qualche macchina girava, col megafono sul tetto, annunciando data, ora
e luogo del comizio o facendo propaganda con gli slogan di quei
tempi : ….. “per la giustizia, il lavoro e l’uguaglianza vota e fai votare il Partito Comunista Italiano”;
.. “per difendere chiesa, famiglia, il futuro dei tuoi figli vota Democrazia Cristiana, Scudo crociato!” Poi finalmente si andava a votare e vinceva
sempre la DC.
In aprile o il 1°maggio ed a pasquetta, si faceva qualche gita fuori-porta. Con amici
o con parenti in comitiva e la seicento.
Pranzo a sacco e sedie e tavolino sotto braccio. Le fave e il pecorino, due
calci ad un pallone, poi briscola e
tressette: i ragazzini accanto ai grandi ad imparare. Calato il sole, a casa si
rientrava, felici di quel poco che tanto era sembrato…
E d’estate, tutti al mare. Alcune volte ad Ostia, altre a
Fregene. Un lungo bagno, un po’ di sole e pizza bianca del fornaio; un castello fatto ad arte, fino all’ora di pranzare.
Si mangiava, con
gran fame, tutti sotto l’ombrellone: cannolicchi al pomodoro, profumati
di basilico, parmigiana o gli involtini, uova, tonno
e patatine. Tutto pronto e cucinato già alle cinque del
mattino. Sotto sabbia, in una buca,
rinfrescava insieme al vino, il cocomero d’agosto.
Quei
sapori e quegli odori ti riempivano il respiro e l’arietta della spiaggia completava la magìa.
A volte, si partiva per andare, qualche giorno, al paese, giù dai nonni.
Nei treni c’era la terza classe, con i sedili rigidi di legno.
La vecchia affascinante
littorina e la locomotiva nera che sbuffava. Col fumo bianco e gli stantuffi, assai fischiava.
Se
si viaggiava in auto, con la mitica
giardinetta o il belvedere, si partiva
all’alba con i tanti bagagli, il thermos ed i panini e, a lente tappe, a fine giorno
quasi, si arrivava.
Non
c’era l’autostrada, si andava piano e molto
spesso nei paesi si sostava.
Giunti finalmente alla
meta, la festa era grande!
I tanti vecchietti della famiglia venivano
incontro a braccia protese, davvero
contenti. Con baci ed abbracci e sorrisi sinceri. Anche
qualche curioso, adulto o bambino, si
avvicinava lì in piazza a rendere
omaggio, per poi riferire ai propri
parenti la nuova del giorno: chi era
arrivato dall’ eterna città!
La casa era grande, tre
piani e soffitta ed ogni balcone, che affacciava su piazza, guardava negli occhi il maniero di fronte.
Nei giorni a seguire, si andava a trovare un
amico o un lontano cugino, a visitare l’antica Abazia e soprattutto alla vigna, dove lo zio dai
gran baffi bianchi curava i suoi vini,
le piante e la frutta, i fiori e i viali.
A piedi, era lungo il ritorno la sera, la strada a selciato romano un po’ tanta. Tra
lucciole e more, profumi e silenzio… finalmente il paese, la cena ed il letto!
Per qualcuno c’era pure la Colonia, solo a pochi riservata, per
far quindici giorni di mare fuori casa e senza genitori. Per
imparare a star da soli e insieme ad altri, a farsi il letto e ad organizzarsi.
Tutto in
piena autonomia. Con gli slip e le magliette cifrate nel sacchetto e qualche
lacrima la sera dentro il letto. Il giorno cominciava molto presto: la fila ai
bagni con l’asciugamano, al refettorio per la colazione, con pane e latte senza
marmellata. L’alzabandiera al suono della tromba, poi tutti pronti per la passeggiata.
In fila per tre, al bordo della strada, marciando
e canticchiando fino alla spiaggia, che
assai era lontano dall’ostello. A mezzogiorno
in punto, sudati si rientrava. Come
all’andata, sempre e ancor cantando, ma solo più incazzati e un po’ più
stanchi.
Ai pasti, nei piatti un po’ abbozzati di metallo,
c’era la pasta a pranzo e, a sera, la buona minestrina. Se ti prendeva un po’ di nostalgia, due righe
di racconto di quei giorni, scritte veloci
sulla cartolina paglia (postale), coi baci ed i saluti da quel mare e il
desiderio vivo di tornare.
A un certo punto, la rivoluzione! Venne
la televisione!
Naturalmente, un solo canale in bianco e nero, pochi programmi a orari definiti, e un palinsesto scarno: “Il Musichiere”, “Campanile sera”, Telematch, con la sua orecchiabile e intrigante musichetta.
Naturalmente, un solo canale in bianco e nero, pochi programmi a orari definiti, e un palinsesto scarno: “Il Musichiere”, “Campanile sera”, Telematch, con la sua orecchiabile e intrigante musichetta.
Alle cinque, tutti i giorni, coi compiti già fatti
a condizione, aveva inizio la TV dei Ragazzi che dava un telefilm.
Non si perdeva mai Penna di Falco o il cane Rin Tin Tin, col piccolo e paffuto caporale “Rusty” e il bel
luogotenente Masters del Settimo Cavalleggeri!
Dopo il TG,la sera era concesso solo Carosello, con
Calimero e l’Ispettore Rock, Angelino e
Stock 84, Ulisse e l’ombra, L’omino con i baffi… Poi tutti a nanna senza fare
storie.
Unica eccezione il giovedì
alle 21, quando si usciva per andare dagli amici di famiglia a vedere ”Lascia o
raddoppia” che molti cinema, per non perdere spettatori, trasmettevano nell’intervallo
del film, predisponendo un televisore su carrello, al centro della sala. Oltre, naturalmente, a tutti
i bar del quartiere.
E il giorno dopo, solo di questo si parlava…
Ma non c’era solo la televisione. I “giornaletti” all’epoca più amati erano Tex,
Capitan Miki, Kit Carson, il
Grande Black e l’Intrepido. Raramente si compravano in edicola e molto spesso
si giocavano a carte coi compagni o si scambiavano come i doppioni delle
figurine Panini: le squadre e i calciatori, gli animali, la Storia e le battaglie;
e quelle rare che quasi mai trovavi, le
ambite doppie o multiple, piegate in
quattro o più facciate. Non erano, però, certo adesive e con la coccoina
sull’album le incollavi. Inebriandoti d’odore…
La domenica mattina si andava a messa, obbligatorio, e in
sacrestia poi ti davano un maritozzo
dolce e profumato e un formaggino di para-cioccolato.
Ma se l’attento prete non ti vedeva in chiesa, niente Oratorio e campo di pallone per tutta quella settimana.
Era un ricatto, ma non lo sapevamo!
Ma se l’attento prete non ti vedeva in chiesa, niente Oratorio e campo di pallone per tutta quella settimana.
Era un ricatto, ma non lo sapevamo!
Intanto a casa, si
preparava il pranzo della festa, col ragù che dal mattino lento ribolliva e con
l’abbacchio e le patate, nella teglia, che al forno più vicino si portava e all’una
circa, poi, si riprendeva. Nelle scale d’ogni
condominio e tra le porte degli appartamenti, si mescolavano
gli effluvi di cucina. Era facile capire quale piatto nelle case si mangiava. “So’
fettuccine al sugo…. so’ peperoni al
forno!.… questa è la cacciatora…. e
queste so’ melanzane alla parmigiana”! E
l’acquolina già ti macerava!
Assai di rado, se c’era un’occasione o qualche ricorrenza,
si andava in trattoria o nella pizzeria del quartiere. Più spesso, si compravano
alla rosticceria pizze e calzoni, supplì
e crocchette e si divoravano, fumanti nel cartoccio, ai tavoli della vicina,
antica birreria. Lì si ordinava birra fresca
e gazzosa. Una goduria per occhi, naso e palato. Un vero sballo!
Un po’ più avanti, fatta la scoperta, si cominciò ad
andare a Monte Mario, sopra lo stadio, a vedere da lontano la partita.
Si saliva al primo o al secondo
spiazzo insieme a tanti, lungo un sentiero che col via vai si era formato.
Alcuni, addirittura, s’arrampicavano sugli alberi più alti. Quando mancava un po’
alla fine dell’incontro, di corsa si scendeva giù dal monte e nello stadio - che apriva i
suoi cancelli per l’uscita - si entrava
a frotte, emozionati, per seguire da vicino le ultime fasi, ma soprattutto i
propri beniamini: Da Costa e Manfredini,
Lojacono e Angelillo, Losi, Guarnacci
…e la magìa di suoni e di colori. Poi
tutti a casa, alle 19, con ansia si
aspettava alla TV un tempo registrato di
una partita di quel giorno, con la
speranza che fosse della Roma. Ma quasi
sempre, chissà perché …c’era la Juve!
Per vedere da vicino le gemelle Kessler, da poco arrivate
in Italia, si aspettava a lungo davanti ai cancelli della Rai di via Teulada. Erano altissime, bellissime e gentili con
tutti. Sorridevano sempre e firmavano
autografi, dediche e fotografie.
Quando
sulle riviste si trovava un’immagine di avvenenti
dive e donne affascinanti, si ritagliava e si conservava tra le pagine dei
libri o sotto il tuo cuscino.
Turbavano i tuoi sonni e la fantasia, queste
icone eteree e sensuali.
Sembravano
divine ed irreali. Assai lontane dal tuo
mondo!
Per il cinema, c’era sempre la Sala Pallottini, dove si
andava con amici per vedere film in costume o d’avventura, con Ercole e Maciste
contro tutti e belle imperatrici un po’ discinte. O Zorro, Lassie, Tarzan ed i
pirati di Capitan Uncino.. Ma soprattutto per gustare le prime sigarette in libertà, nel buio della sala, che molto presto di fumo
si riempiva.
Prima di far rientro a
casa, tante golia e un pacco di mentine per togliere l’odore dalla bocca.
La mattina, al tabaccaio, si compravano tre Giubek con filtro sfuse, in piccola bustina, a 15 lire, e si
fumavano prima e dopo la scuola e una a ricreazione in bagno. Oppure, se era il
caso, la sera tardi si “prelevava” un’Astor
o una Serraglio dal pacchetto di papà.
Al Principe e al Volturno c’era l’Avanspettacolo. Ma prima il film, finito il quale, tutti si alzavano e
correvano davanti, in prima fila per veder più da vicino. C’erano i comici ed il presentatore, qualche cantante ed il prestigiatore che,
come nei film del magico Fellini, venivano fischiati e apostrofati perché toglievano spazio alle donnine: “Nun ce fai ride”.. “Vattenee!”…“T’ho detto
d’annattene”…”Mannace tu sorella!”...
E
finalmente, riapertosi il sipario, ecco le ballerine “ in carne” e l’attesissima
soubrette del cartellone! Costumi provocanti e un po’ succinti, movenze e passi sempre sculettanti, sorrisi e
baci a tutti in passerella. L’orchestra in buca
incalza il ritornello e aumenta forte il tempo nel finale...
Non si andava in discoteca.
Le “feste da ballo” si facevano in casa, di solito il pomeriggio del
sabato, nella casa di chi aveva più disponibilità di spazio e di autonomia
familiare.
Si
invitavano compagne di scuola e qualche
amico di altri amici. Si organizzava un piccolo rinfresco con pizzette,
panini e coca cola a buffet e tante
sedie intorno alla stanza. Qualcuno si occupava, a turno, di cambiare i dischi,
discutendo spesso sulla musica più
adatta al momento: “metti un lento...no, vai col twist o l’hully gully.. facciamo un cha
cha!”
Le ragazze, spesso, si facevano
pregare per ballare. Parlottavano fra loro, tra sguardi fugaci e al volo
distolti, studiando sottili tattiche o
nuove strategie per farsi
conquistare.
Poi , se
i genitori più “moderni” uscivano, per
comprensione, per scelta propria o dietro
qualche insistenza, con atto audace e
proditorio, si spegneva la luce della
stanza….
E
si consumava il frutto della trasgressione! Nascevano
così, i primi amori. I desideri, le conflittualità di sentimenti e le
complicità. Passioni, pene e gelosie di
adolescenti timidi e imbarazzati, e a volte un po’ o assai imbranati. Le
classiche “cotte” da “Tempo delle mele.”
Con l’avvento dei Beatles, scoppiò tra i ragazzi l’interesse e la manìa per la musica dal vivo.
Moltissimi
cominciarono a suonare uno strumento, a creare piccoli gruppi, per lo più
autodidattici, che si esibivano alle feste importanti o nelle “cantine”
trasformate in dancing o locali di intrattenimento.
“Le Cantine”: liberi spazi musicali di autonomia, di gioco, di ballo e di incontri amorosi e paraculturali; allestite alla meno peggio con il solo lavoro di amici e volontari e arredate con mobili, oggetti e materiali di recupero. Senza licenze o permessi regolari e senza alcun rispetto di norme di salute e sicurezza.
Chi se lo poteva permettere
e gestiva un po’ di grana, comprava una chitarra, un microfono e qualche pezzo della batteria, anche usato.
Spesso a piccole rate mensili.
L’importante era suonare!
Suonare e
provare. Si studiavano i pezzi e lo
spartito, si preparava il vasto repertorio. Proliferavano e si
moltiplicavano “complessi”,
cantanti e musicisti; alcuni anche a
livelli superiori e di professionismo vero, con gran seguito di fan e di ragazze
del clan!
Contratti nei locali, tournè
d’estate, concorsi ed audizioni.
Dal tempo delle mele, al tempo del lavoro!
Dopo la maturità, si cercava qualche
lavoretto occasionale per racimolare qualche lira ed essere sempre più
indipendenti. Il venerdì e il sabato al
botteghino del lotto, la domenica alle 17 a spogliare pacchi e pacchi di
schedine, nella sede del Totocalcio a Ponte Milvio, subito dopo la fine delle
partite. Molti provavano le vendite
porta a porta, quasi sempre chiuse in
faccia, di libri ed enciclopedie.
Qualcuno, più fortunato, trovava un lavoro vero e più
serio; “s’impiegava”, e comprava subito
la cinquecento con i sedili ribaltabili.
La sera, passava al bar “a lavà”
con gli amici….
Altri, all’università, rinviavano il servizio di leva e prendevano
coscienza.
Si avvicinavano alla politica, alle
battaglie ideali e si preparavano alla
contestazione del potere borghese e di
ogni forma di autoritarismo. Stava premendo il '68.
La vita di quegli anni
scorreva semplice e tranquilla.
Ci
si accontentava di poco e non si pretendeva molto. Unico
vezzo o quasi, le camicie su misura di Letizia, coi colli tondi di ricambio e
il passante in stoffa sotto il cavallo.
La domenica mattina ci s’incontrava al bar,
con l’abito elegante: giacca
alla Beatles a quattro bottoni e spilla al colletto sotto la cravatta. Ai
piedi, il mezzo stivaletto color cuoio o il mocassino inglese di rigore.
Oppure, a turno, ci si appartava con la propria ragazza nella intimità della
Cantina vuota, chiusa e silenziosa, nella stanza predisposta dell’amore…!
Poi, tutto diventò più
complicato: il consumismo prese il sopravvento e anche il superfluo divenne
un’esigenza!
Ma non per tutti. Qualche
ideale guidava certe scelte e posizioni. Chi ripudiava mode e beni materiali, prese a lottare contro il privilegio con
l’eskimo, la barba e El Che Guevara.
Allora si credeva nel futuro e nella mente un
grande sogno si cullava. La “fantasia al potere” si voleva, l’idea di un mondo
nuovo si inseguiva.
Quel mondo ormai distante, oggi è sparito. Si è
globalizzato.
Uomini e lavoro migrano lontano, in cerca di fortuna, di pane e
dignità. Fuggendo dalla guerra, dalla fame, da miseria e malattie. Ma nel ricco
e opulento occidente, non trovano accoglienza, né solidarietà. Niente diritti
ma “sano” razzismo e tanto sfruttamento.
Rispetto a ieri, tutto è peggiorato.
Ciò che era puro è sempre più inquinato!
Non c’era molto, è vero, ma
nemmeno gli ogm, l’aids e le troppe polveri sottili. Il riscaldamento del
pianeta, le guerre del petrolio e di “mondezza”, la mucca pazza e le pecore
clonate.
Non c’era ancora il telefonino e chi spediva mille messaggini. Niente play-station, pay-tv, plasma, led, lcd, i-pod
e ambiente digitale.
Si navigava in mare
e non sul Web.
Non c’erano
veline, tronisti, escort e ruffiani di Palazzo; isole famose e grandi fratelli.
Lo share, il televoto, i quotidiani sondaggi sul niente
o su cazzate. Il gossip, le finte risse e gli insulti in TV e ai magistrati;
gli indici di ascolto, le leggi ad personam, i bamboccioni, la fuga dei
cervelli per trovar lavoro. Il tanto spreco di cibo, di ostentato lusso e di
parole!
Ma, soprattutto, non c’ era Berlusconi.….
2 aprile 2010 (Alfredo Laurano)
Ieri...
Come sempre Alfredo ha superato se stesso con questo blog è veramente stupendo e pieno di sentimento e foto che rilasciano grandi emozioni BRAVO BRAVO BRAVO un bacione LIBORIO
RispondiEliminaGrazie amico Liborio, la tua sensibilità ti rende persona speciale, ricca di buoni sentimenti e di forte spiritualità, a prescindere da ogni e qualsiasi considerazione personale, politica, sociale e religiosa. Sei una persona sincera e pulita come poche e, pertanto, degna di stima e di affetto. Alfredo
RispondiElimina