Dopo quarant'anni, al Trionfale, torna
sulla strada la più importante manifestazione del rione: quella di San Giuseppe.
Il 19 marzo del 1976 fu l’ultima volta in cui si celebrò come festa nazionale,
poi soppressa l’anno successivo. Rimase come ricorrenza, soprattutto
commerciale, in onore dei papà e dei falegnami, e con tutte le pasticcerie
romane che, ancor oggi si riempiono di bignè di San Giuseppe, dolci tipici
della tradizione.
Ricordo, con non poca nostalgia, quelle
lontane e pittoresche feste, tanto care a mia madre, e che con lei non mancavo
di frequentare con gioia e con piacere.
Fin dalla mattina presto, si
allestivano lungo le strade le tante bancarelle di dolci, giocattoli e souvenir,
arrivavano i tanti frittellari e tutto il quartiere era rallegrato da suono
gioioso della banda musicale.
C'era molta animazione, famiglie intere
che si incontravano e si salutavano e
tanta gente che veniva anche da altri parti della città, perchè la festa era
sentita, conosciuta ed apprezzata. Perchè bella e ricca di folclore.
Era uno
spettacolo.
Tutto intorno si diffondeva l’odore
dell’olio fritto e un profumo di frittelle e zucchero filato, che si sentiva anche
da lontano.
Nel pomeriggio, usciva dalla chiesa la
Processione, aperta dai Carabinieri a cavallo. Durante il percorso suonavano diverse
bande e ogni finestra era addobbata da lumini e drappi colorati (si faceva a
gara per esporre i più belli e ricamati) e al passare della statua del santo
venivano lanciati i fiori.
Via della Giuliana era illuminata con
centinaia di lampadine colorate, fino a piazzale Clodio, dove la sera si
sparavano i fuochi di artificio. Sul sagrato della chiesa, aveva luogo il
tradizionale concerto dei Carabinieri.
Una festa veramente popolare, una fiera
che trasformava il quartiere in un solidale bel paese.
Dopo tanto tempo, oggi potrebbe
rivivere questo momento festoso, importante per il nostro quartiere e per i
tanti giovani che non l’hanno mai conosciuto e che non sanno nemmeno cosa sia:
uno sguardo riverente al nostro passato, alla nostra storia.
La celebrazione del 19 marzo è sempre
stata una data particolare a Roma ed ha origini antichissime. La festa
cristiana di San Giuseppe, sposo di Maria e padre putativo di Gesù, si innesta
su riti di origine pagana e, nel XV secolo, diventa giorno dedicato al
protettore dei poveri, patrono dei falegnami, uomo di grande semplicità e
saggezza.
E non a caso, a Roma, il santo è chiamato
amichevolmente "frittellaro", da cui deriva la tradizione di mangiare
i bignè fritti in suo onore.
Il clamore della festa si è riflesso nella cultura popolare, sono giunte fino a noi moltissime testimonianze, anche del Belli.
Il clamore della festa si è riflesso nella cultura popolare, sono giunte fino a noi moltissime testimonianze, anche del Belli.
Checco Durante, nel 1950, scrisse una delicata
preghiera in romanesco che iniziava così: “San
Giuseppe frittellaro, tanto bono e tanto caro, tu che sei così potente da
ajiutà la pora gente, tutti pieni de speranza, te spedimo quest’istanza: fa
sparì da su la tera chi desidera la guera.”
(Alfredo Laurano)
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